La Nuova Sardegna

«Con Sandalia aiutiamo la popolazione marocchina»

di Antonio Mannu
«Con Sandalia aiutiamo la popolazione marocchina»

Da Borore a Barcellona dove con tre amici ha fondato l’associazione

27 maggio 2012
5 MINUTI DI LETTURA





BARCELLONA. Tiziana Masala da Borore, 35 anni: «Sono nata in casa, e a questo particolare ci tengo. Tra l'altro, nel 1977, il mio anno, ci sono state diverse nascite casalinghe, credo almeno 5 o 6 persone. Borore è un piccolo paese del centro Sardegna, con circa 1500 abitanti, forse meno, perché tanti sono andati via». Oggi Tiziana vive a Barcellona, lavora da “Jocsmallart”, un negozio di giochi da tavola. In passato, e al momento del nostro incontro, ha collaborato con una ong impegnata in progetti di cooperazione allo sviluppo. «L’associazione si chiama Sandalia – ha raccontato Tiziana – é stata fondata nel 2004 da Maria Giovanna Lai, anche lei di Borore, e dai sassaresi Giulio Maciocco ed Efreem Carta». Sandalia. Tutti hanno studiato a Sassari e dopo la laurea hanno dato vita all'associazione. Tiziana ha collaborato con Sandalia per circa 3 anni. «Abbiamo realizzato 2 progetti, entrambi in Marocco. Mi sono occupata della gestione amministrativa ma ho avuto modo di partecipare anche a delle fasi operative, ed è stato tutto molto stimolante». Il lavoro dell'associazione Sandalia inizialmente si è sviluppato ad Anraz, piccolo villaggio berbero del Medio Atlante. Durante il primo progetto è stata ristrutturata la scuola, ospitata in un caseggiato in condizioni pessime, al limite delle possibilità di utilizzo. L'edificio è stato sistemato durante un campo di lavoro a cui hanno preso parte, oltre a Tiziana e a Maria Giovanna, altri sei ragazzi di Borore. Ha partecipato attivamente anche la popolazione del villaggio. «Il problema li è la povertà. Non avevano i soldi per acquistare le materie prime essenziali per una ristrutturazione adeguata. Di questo si è fatta carico l'associazione».

L’evento. Come avete recuperato le somme necessarie? «Questo è un aspetto che mi è particolarmente caro, perché una gran parte dei fondi li abbiamo raccolti proprio a Borore. Per coinvolgere la popolazione è stato organizzata un evento: “Marghine di pace e d'altre storie”. Si è sviluppato in tre serate con una partecipazione massiccia del paese. Attraverso filmati e fotografie si è fatta conoscere la realtà di Anraz, Maria Giovanna infatti aveva già visitato il villaggio. La risposta è stata eccezionale e siamo riusciti a far partire la fase operativa del primo progetto, che poi è proseguita l'anno successivo. Purtroppo io, che nel frattempo avevo cominciato a lavorare in un ristorante qui a Barcellona, non ho potuto partecipare».

La scuola di Anraz. A questa seconda fase ha preso parte anche un gruppo di ragazzi di Orani. Sono stati completati i lavori alla scuola di Anraz, realizzando i servizi igienici che mancavano, ed è stata ristrutturata un'altra scuola nel villaggio di Mariga. Hai parlato di un secondo progetto. Di cosa vi siete occupati? «Si è trattato di un progetto socio sanitario. Prevedeva l’acquisto di un ambulanza attrezzata, che è stata donata alla “Casa delle mamme” di Assni, una struttura dedicata a garantire cure e attenzioni alle donne in stato interessante, soprattutto dopo la gravidanza. Infatti in quella zona, soprattutto nelle aree montagnose più isolate e nonostante questa iniziativa, c'è ancora un' alto tasso di mortalità materna ed infantile, dovuto soprattutto alle cattive condizioni igieniche e all'indigenza. Questo è un lavoro che mi ha dato molta soddisfazione».

Città cosmopolita. Sicuramente, vivi a Barcellona. Che città è e come ti trovi? «Mi trovo bene. E' una città viva, cosmopolita, con una ricca offerta culturale. Da questo punto di vista offre tantissimo. Uno dei luoghi che frequento di più, con gran piacere, é il C.C.C.B. (Centre de cultura contemporània de Barcelona). Organizzano periodicamente mostre di grande interesse, ci sono proiezioni di film, attività diverse. Tutto a costi abbastanza accessibili, con la possibilità, attraverso forme di tesseramento, di avere sconti e vantaggi. Qui la cultura é un pilastro della vita sociale e urbana, questo è anche un dato storico, anche se forse solo in tempi più recenti ha assunto una connotazione più internazionale. E Barcellona è una città con una dimensione umana, dove i trasporti pubblici funzionano, che ha spazi verdi, luoghi in cui si può stare tranquilli senza avvertire la pesantezza della vita in una grande città». Quindi ti sei integrata bene? «Direi di sì, anche se mi sento un'emigrata, perché non sono nella mia terra, che un poco mi manca. Mi sento migrante tra migranti, cittadina del mondo, perché qui si respira un'aria di grande apertura, che aiuta. Quando ho lasciato la Sardegna la prima volta sono andata a stare a Genova, una città che mi piace. Però non avvertivo, purtroppo, questa apertura che ho trovato qui in Catalogna».

Nostalgia. Cosa ti manca di più della Sardegna? «In realtà mi manca e non mi manca, anche perché torno abbastanza regolarmente. Da qui, almeno finora, è facile ed economico, un altro dei vantaggi di Barcellona. Mi manca la nostra campagna, andare a cercare asparagi e funghi, le lunghe passeggiate nei luoghi che conosco o riconosco. Vengo da un paese di cultura pastorale e quello che più mi lega alla mia terra è la terra stessa. Mi manca il mare, mi mancano amici e famiglia».

La famiglia. «Siamo in 5: io, i miei genitori e le mie 2 sorelle. Mia madre, casalinga, ha sempre lavorato tanto. Mio padre ha fatto l' operaio alla Dreher di Macomer. Anni fa, alla soglia dei 50 anni, è stato licenziato, insieme ad altri, durante una fase poco chiara di ristrutturazione dell'azienda, che aveva cambiato proprietà. Una situazione difficile. Ma mio padre non si è arreso, ha denunciato l'azienda ed è stato riassunto. Ha continuato a lavorare sino alla pensione. Non so se oggi questo sarebbe possibile, so che per noi è stato fondamentale».

In Primo Piano
Vacanze

Il turismo in Sardegna cambia volto, il last minute è scomparso

di Claudio Zoccheddu
Le nostre iniziative