La Nuova Sardegna

SEQUESTRO PINNA / La reazione del difensore federici

«Quel ricorso ha il sapore di una delegittimazione»

di Elena Laudante
«Quel ricorso ha il sapore di una delegittimazione»

SASSARI. «Da senatore sono stato primo firmatario della proposta di legge per rendere autonoma la sezione distaccata della Corte d’appello di Sassari. Se quella legge fosse stata approvata, oggi non...

14 giugno 2012
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SASSARI. «Da senatore sono stato primo firmatario della proposta di legge per rendere autonoma la sezione distaccata della Corte d’appello di Sassari. Se quella legge fosse stata approvata, oggi non saremmo qui». Premessa alle questioni giuridiche: come a dire che in queste aule di giustizia, in fondo, si parla anche di politica. È stato chiaro il difensore di Natalino Barranca, Pasqualino Federici, nell’introdurre l’arringa davanti alla Suprema corte, ieri mattina. Perché prima della motivazione del verdetto d’appello, i giudici della Cassazione valutavano l’ammissibilità di un ricorso «mai avvenuto in vent’anni - ha assicurato Federici - da quando esiste la sezione distaccata della Corte d’appello di Sassari». E cioè quello proposto dal procuratore generale della Corte d’appello di Cagliari, Ettore Angioni, ricorso accolto, contro una sentenza di assoluzione emessa a Sassari, conseguente alla richiesta da parte del rappresentante dell’accusa, l’avvocato generale Claudio Lo Curto, che era una richiesta di assoluzione. Ma contraria, per dirla in soldoni, al «capo dell’ufficio». Angioni la spiegava così: «Derivante da una impostazione accusatoria in totale difformità dalle convinzioni di questo procuratore generale», notava con fastidio malcelato l’alto magistrato nel ribadire la condivisione dei risultati investigativi della Direzione distrettuale antimafia del capoluogo, certa che l’imputato abbia partecipato al sequestro di Titti Pinna. Non c’è bisogno di scomodare codici e ordinamenti per intravedere la contrapposizione tra le magistrature superiori di Cagliari e Sassari. Quantomeno, una diversità di vedute su questioni di diritto, che arriva però in una fase tesa, nel momento in cui il Guardasigilli può cancellare oppure far “emancipare” la Corte sassarese. Ecco perché Federici non ne ha fatto mistero. Ma la Cassazione ha ammesso il ricorso del pg di Cagliari, stabilendo nell’impugnazione dei verdetti, il capo della procura presso la Corte d’appello di Cagliari è sovraordinato a quello della procura “distaccata” di Sassari, l’avvocato generale. Forse un precedente. Di sicuro, una novità. «Da vent’anni l’avvocato generale è il solo preposto alla trattazione degli affari giurisdizionali ricadenti nella competenza della sezione distaccata di Corte», ha spiegato il difensore ai supremi giudici.

Il ricorso di Angioni si fondava anzitutto sull’ordinamento giudiziario, quando chiarisce che «alle Procure generali sono preposti avvocati generali alla dipendenza del procuratore generale della Repubblica». E poi su tre sentenze della Cassazione che però Federici ha contestato perché fanno riferimento a tribunali e preture, non a Corti d’appello. Più di tutto il legale ha ribadito l’indipendenza, cioè «l’autonomia dell’ufficio giudiziario sassarese» che sulla base della legge istitutiva del 1990 ha «giurisdizione sui Tribunali di Sassari, Nuoro e Tempio», ed è giudice naturale - dunque -, oltre ad avere una propria pianta organica. Insomma, Federici ha puntato sul fatto che le toghe di secondo grado del nord dipendono dai colleghi del sud solo per questioni «burocratiche, amministrative e contabili». Come lo stesso Angioni, cita il legale, «aveva riconosciuto alla inaugurazione dell’Anno giudiziario 2011». Proprio in quella relazione, allegata non a caso alla memoria difensiva, il procuratore generale ricordava che le sezioni distaccate di tribunale o appello sono uno «sperpero di denaro pubblico». Una frase che a Sassari non è passata inosservata.

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