La Nuova Sardegna

Se il noir racconta la camorra e i suoi boss Parla Marco Ciriello

di Anna Sanna
Se il noir racconta la camorra e i suoi boss Parla Marco Ciriello

Intervista a uno dei protagonisti del festival “Florinas in giallo” che si apre domani. Oggi anteprima a Sassari

08 novembre 2012
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SASSARI. L’appuntamento con il mistero si rinnova a Florinas con la terza edizione di “Florinas in giallo”, il festival di letteratura dedicato a tutte le sfumature del Giallo.L’anteprima questa sera a Sassari – alle 20 al Vecchio Mulino – con un incontro tra il cantautore Giovanni Peresson e la giornalista Gabrielle Lucantonio dedicato alle colonne sonore del cinema noir.

Da domani a domenica ci si sposta invece a Florinas per una tre giorni di incontri con scrittori, giornalisti, e altri professionisti della cronaca.

Tra gli ospiti anche Marco Ciriello, classe 1975, giornalista per il Mattino di Napoli e scrittore approdato al noir dopo alcune raccolte di racconti e due romanzi.

Con “Il Vangelo a benzina” ha creato il commissario Claudio Valenzi, fascista, fan di Almirante e orgoglioso del lavoro fatto dalla polizia a Genova, che indaga sulla strage di sei clandestini nigeriani compiuta per ordine del boss Casalese in una Napoli politicamente scorretta dove si incontra di tutto. «In realtà la mia è una parodia del giallo e della Camorra stessa – spiega Ciriello – volevo smontare quel tipo di narrazione epica alla Saviano che si è creata intorno ai camorristi». - La grande protagonista del libro e la via Domiziana, a Napoli.

«L’idea di raccontare la Domiziana nasce da un reportage che ho scritto per D di Repubblica. È una sorta di Ellis Island clandestina, a metà strada tra la Nigeria e l’Est. Una strada estrema fatta di carne, desideri e soprattutto di violenza. Nel mio romanzo tutti hanno delle colpe a cominciare dal commissario che dovrebbe rappresentare la giustizia».

A chi si è ispirato per la figu ra del commissario Valenzi? «Il mio commissario è molto simile a quelli che ho incontrato a Genova o a Napoli seguendo la cronaca. I poliziotti che vediamo in televisione sono tutti buonissimi, di sinistra e progressisti, perché quelli che scrivono gialli in Italia non stanno per strada. Altro riferimento è stato anche il dirigente di polizia creato da Elio Petri in “Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto”».

- Il linguaggio utilizzato nel romanzo è molto particolare, tra slang e dialetto napoleta no.

«Volevo un linguaggio estremo che somigliasse alle tavole di Andrea Pazienza, perché la situazione stessa che volevo descrivere era molto dura, con le nigeriane, i comboniani, la criminalità dell’Est e soprattutto la Camorra. C’è molto anche del linguaggio surreale di Tarantino, e poi Sergio Leone, Sergio Corbucci, Thomas Milián e tutto quel clima politicamente scorretto dei polizieschi degli anni Settanta».

- C’è un protagonista di gialli che le piace particolarmen te?

«Pepe Carvalho di Montalbán, perché è un rinnegato come Valenzi. Mi colpiva il fatto che bruciasse i libri, mi chiedevo sempre il perché e ho capito che era un modo per creare un legame urticante con il lettore. Io ho cercato di fare la stessa cosa. La voce narrante per esempio è quella di un concorrente del Grande fratello, razzista e ignorante».

- Per il noir napoletano, cosa c’è al di là di “Gomorra”? «Al di la di “Gomorra” c’è la satira. Saviano è figlio dell’impegno,io penso che l’unica arma contro il male che ha chi scrive sia la presa in giro, la risata. I boss della Camorra vengono raccontati come personaggi potentissimi, spietati, poi quando li arrestano ti rendi conto che hanno una parte ridicola, sono uomini banali. Il mio Casalese è cosi e va preso in giro. Il potere va sempre di pari passo con il ridicolo, e che cosa rimane al popolo se non la risata? Nel momento in cui si ride, ci si sta già ribellando».

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