La Nuova Sardegna

Meazza (Fabi): «No alla macelleria sociale»

Meazza (Fabi): «No alla macelleria sociale»

«Più attenzione ai disagi di tutti, all’interno e all’esterno: non più Spa ma una quinta agenzia statale»

30 dicembre 2012
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SASSARI. «Nessuno prenda spunto dalle ultime scadenze per fare macelleria sociale, né dentro Equitalia né all’esterno». È perentorio Leonardo Meazza, sindacalista della Fabi e rappresentante della Rsa nella direzione sassarese della società pubblica di riscossione. «I vertici aziendali ci hanno già comunicato che si passerà a un altro modello organizzativo: noi dipendenti speriamo che si approfitti dell’opportunità per cancellare tutte le ferite derivate dal fatto che sinora Equitalia ha agito come una Spa – afferma Meazza – L’augurio è insomma uno solo: che l’azienda abbandoni logiche privatistiche e si trasformi nella quinta agenzia dello Stato dopo Monopoli, Demanio, Entrate e Territorio».

Com’è naturale, adesso c’è un timore di fondo tra i dipendenti: e cioè che a fronte della riduzione delle prestazioni nei confronti dei Comuni ci sia una contrazione di personale con tagli degli organici. Neppure Equitalia del resto sfugge alla spending review e in Sardegna sono già stati chiusi negli ultimi mesi gli sportelli di Bonorva, Ghilarza, Iglesias.

«Se c’è qualcosa da abbattere, vanno di sicuro ridotti i costi per le consulenze e per l’affidamento a esterni di attività che potremmo tranquillamente svolgere all’interno di Equitalia Centro come avveniva in passato – incalza il delegato della Fabi – Che senso ha far continuare a lavorare i pensionati o affidare a terzi non dipendenti notifiche che potremmo eseguire noi?».

Secondo il sindacalista, comunque, quel che deve mutare è soprattutto l’atteggiamento da parte di una classe politica che lancia il sasso e nasconde la mano. «Chi sono i mandanti di certe operazioni se non i parlamentari, salvo in seguito gridare allo scandalo sulle regole onerose che loro stessi hanno in precedenza votato alle Camere? – si chiede Meazza – I politici - sindaci compresi, che spesso giocano a presentarsi come vergini di fronte all’opinione pubblica - sono i primi che dovrebbe chiedere l’attuazione dello Statuto del contribuente, quella Carta che fornisce ai cittadini precise garanzie contro possibili abusi durante la riscossione – osserva il sindacalista - Per evitare eccessivi e inutili contenziosi, per esempio, ogni ente che si affida a Equitalia dovrebbe inserire nella propria cartella la motivazione e i riferimenti per i quali sta esigendo una certa somma. Non solo. Andrebbe posto un blocco al continuo generarsi degli interessi di mora: massimo il 30% del valore del capitale».

«Le multe per violazioni al codice della strada dovrebbero seguire in copia le cartelle esattoriali per una più facile lettura della sanzione e delle richieste – conclude Meazza – E i due solleciti per debiti inferiori ai duemila euro andrebbero sostituiti col vecchio, e più sicuro per gli utenti, avviso di mora. I Comuni, poi, dovrebbero pretendere che la riscossione si svolga attraverso l’elenco dei cittadini debitori, o ruolo, oggi diventato proprietà quasi esclusiva dell’Agenzia delle entrate. E con l’arrivo dei privati, infine, occhio alle infiltrazioni criminali: ricordate come operavano in Sicilia certi personaggi chiamati a fare da esattori?». (pgp)

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