La Nuova Sardegna

il libro

Vittorio Emiliani, il giornalismo come passione

di Pier Vittorio Buffa
Vittorio Emiliani, il giornalismo come passione

È scritto in modo così diretto e semplice che sembra di sedersi con lui nello studio del direttore del Messaggero, essergli al fianco mentre consegna la storia della città rilegata in pelle a...

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È scritto in modo così diretto e semplice che sembra di sedersi con lui nello studio del direttore del Messaggero, essergli al fianco mentre consegna la storia della città rilegata in pelle a Giovanni Paolo II, vedere negli occhi il capo della Montedison che lo licenzia nel 1987.

Lui è Vittorio Emiliani, giornalista, per sette anni direttore del più importante giornale romano. Il libro è un volume di 360 pagine che ci accompagna per mano negli anni Settanta-Ottanta e che, nel titolo, si spiega da solo: "Cronache di piombo e di passione, l'altro Messaggero, un giornale laico sulle rive del Tevere (1974-87)" (Donzelli, 360 pagine, 28,90 euro).

Per un giornalista, abbia o no attraversato quel periodo, sia giovane o meno giovane, il libro di Emiliani è una sorta di manuale da leggere d'un fiato. Si entra in redazione, si partecipa direttamente alle scelte cruciali che un grande giornale è chiamato a fare giorno dopo giorno.

Ecco la decisione più difficile e sofferta, quella di pubblicare i comunicati delle Brigate rosse durante il rapimento del magistrato Giovanni D'Urso, nei primi giorni del 1981. Spiega Emiliani all'assemblea dei giornalisti: "Ho da dirvi soltanto questo: la nostra linea umanitaria è nota, non condividiamo nulla di quei comunicati deliranti ma siamo disposti a pubblicarli soltanto per ragioni squisitamente umanitarie. Se pubblicheremo la responsabilità sarà solo mia e di nessun altro". La pubblicazione avviene il 14 gennaio. Il 15 il magistrato viene liberato.

Sono gli anni terribili del terrorismo, quando è quasi la norma svegliarsi con il giornale radio che annuncia un ferimento o un'uccisione. La morte arriva anche dentro al Messaggero: i terroristi della destra estrema, i Nuclei armati rivoluzionari, uccidono un tipografo del giornale, Maurizio Di Leo. Ma non era lui l'obiettivo. Le pallottole dovevano colpire un giovane cronista, Michele Concina, che da tempo si occupava dell'estrema destra. Gli assassini hanno sbagliato persona senza accorgersene. Alle 20, pochi istanti dopo l'omicidio, telefonano al giornale: "Abbiamo appena giustiziato il vostro collega Michele Concina". Emiliani racconta da cronista quei giorni: la scorta, la solidarietà, la famiglia del povero tipografo, i funerali. E conclude: "Dall'estrema destra, in particolare dall'area del Msi, mi arriva soltanto la solidarietà esplicita del collega Franz Maria D'Asaro del "Secolo d'Italia" con un amichevole telegramma. Dagli esponenti di partito nulla".

Manuale per giornalisti il libro di Emiliani lo è anche perché ci si ritrovano tanti, tantissimi protagonisti dell'informazione del dopoguerra e degli ultimi decenni. I primi sono già direttori o "senatori" ed Emiliani li dipinge con tratti sicuri, talvolta indicandoli come suoi maestri. Gli altri incrociano la loro vita con quella di Emiliani all'inizio o a metà carriera, diventano suoi compagni di strada, vengono raccontati di ritorno da un'importante inchiesta o quando discutono le scelte del giornale. Uno su tutti, l'uomo che lo ha affiancato nella direzione, Silvano Rizza, il giornalista che aveva rivoluzionato la cronaca romana del giornale. Ma i nomi scorrono via pagina dopo pagina, collocati, protagonisti e comprimari, uno accanto all'altro come a sottolineare l'importanza di ciascuno alla realizzazione del progetto per rilanciare il Messaggero: alla fine sono diciassette le pagine dedicate all'indice analitico dei nomi.

Questo libro è un manuale anche per chi non è giornalista. Un singolare manuale di storia contemporanea perché racconta tredici anni di Italia dal punto di vista del direttore di un grande giornale. Punto di vista in senso tecnico: luogo dal quale si "vede". Emiliani non tralascia nulla e ci fa scorrere davanti il film dell'Italia di quegli anni. Il filo che tiene tutto unito è il difficile e complesso rapporto del direttore del Messaggero, giornale allora proprietà della Montedison, con il potere politico. La grande prova a cui è sottoposto per mantenere una concreta autonomia. Non a caso il libro è dedicato "a Piero Agostini, Enzo Forcella, Paolo Murialdi e a quanti si sono battuti e si battono per la dignità del nostro mestiere".

Appassionante la parte finale, il racconto del licenziamento. Il giornale sta andando bene, ha superato le 300 mila copie. Ma la Montedison è in passivo e deve quindi tener conto dei desideri dei politici. Emiliani non accetta altri incarichi e lascia che parta il licenziamento voluto, racconta, da "De Mita, Craxi e Martelli. Ma poi i socialisti si pentirono".

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