La Nuova Sardegna

Missione a Roma per il piano alternativo

Missione a Roma per il piano alternativo

L’accordo ha coinvolto tre governatori e diversi premier. Dalla firma di Prodi nel 2007 alla cancellazione di Pigliaru

14 maggio 2014
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CAGLIARI. Nel 2001 Chakib Khelil, allora presidente dell’Opec, era stato nominato da poco tempo ministro dell’energia e delle Risorse minerarie dell’Algeria quando fu ricevuto a Villa Devoto dal presidente della Regione Mauro Pili. Il progetto Galsi era lontano da venire ma fu allora che in Sardegna si cominciò a parlare di un gasdotto che, da una parte, avrebbe soddisfatto il mercato algerino sovrabbondante di gas, e dall’altra avrebbe rimediato a un torto storico: la Sardegna è ancora oggi l’unica regione priva del metano in Italia, tra le poche in Europa.

Da allora, superate le iniziali perplessità e le correzioni del progetto in corsa, le diverse giunte regionali, (dopo Pili, Masala, Soru e Cappellacci), hanno sempre puntato sul Galsi, la società creata nel 2002 con alcuni colossi del mercato energetico: Sonatrach, la compagnia di Stato algerina, (maggiore azionista al 41,6%), Edison, secondo operatore italiano nell’approvvigionamento, produzione e vendita di energia elettrica e gas (20,8%), Enel, la maggiore azienda elettrica del Paese (15,6%), il gruppo Hera, terza multiutility italiana nel business del gas (10,4%). A queste società si aggiunse la Regione attraverso la propria società finanziaria, la Sfirs, con l’11,6 per cento.

A impegnarsi per la realizzazione del gasdotto italo-algerino sono stati tutti i governi, (da Prodi che nel novembre del 2007 firmò ad Alghero un protocollo d’intesa con il capo dello Stato algerino Bouteflika) a Berlusconi, ministri e, tutte le giunte regionali perché il metano è una battaglia che l'isola ha perseguito da sempre. Tutti i rapporti elaborati dalla Svimez, (l’associazione per lo sviluppo del Mezzogiorno), nei primi anni Novanta denunciavano la necessità per l’isola di essere metanizzata. Ma il gasdotto era considerato impossibile dall’Eni: «Avrebbe costi altissimi in un mercato ristretto a un milione e seicentomila abitanti». L'opportunità è stata offerta dal raddoppio del gasdotto Transmed che dall'Algeria dovrebbe portare il metano nel cuore dell'Europa, entrando in concorrenza con il gas della Russia e dell’Ucraina. Da qui il consorzio Galsi, concepito come una rotta alternativa alle condotte dell’est europeo, con costi competitivi per il mercato italiano. Ma anche quell’atto formale sottoscritto ad Alghero con cui Italia e Algeria prendevano l’impegno di supportare l’attività dei soggetti coinvolti nella realizzazione del metanodotto ha perso consistenza per le mutate condizioni di mercato. Nell’isola c’erano state anche alcune contestazioni da parte di associazioni ambientaliste preoccupate per l’impatto delle tubazioni: in mare aperto i tubi sarebbero stati semplicemente posati sul fondo con l’utilizzo di navi specializzate ma nei tratti costieri, a partire da una profondità di 40 metri, (circa 400 metri dalla riva) il tubo sarebbe stato interrato. Così come nel tracciato a terra il metanodotto sarebbe stato interrato a una profondità di circa un metro e mezzo. Ma il consorzio Galsi aveva accettato le modifiche richieste e la Regione aveva puntato sull’infrastruttura. Gli eventi sono andati diversamente.

La giunta Pigliaru, però, non dimentica gli accordi che hanno riguardato il governo nazionale: per il prossimo lunedì è stato fissato un incontro con il governo nazionale per definire gli interventi strutturali a carico dello Stato che permettano alla Sardegna di avviare la metanizzazione anche senza il gasdotto dell’Algeria: «Pretendiamo che lo Stato metta i soldi per la nostra metanizzazione, così come è stato fatto nelle altre regioni».

©RIPRODUZIONE RISERVATA

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