Soldi al segretario: consiglieri ingannati?
Sembra aprirsi una nuova pista d’indagine dopo l’invito a comparire notificato al dipendente del “misto” Angelo Sanna
CAGLIARI. Indagato per ultimo, l’ex segretario del gruppo misto Angelo Sanna sembra diventare l’uomo-chiave della prima inchiesta per peculato che ha sconquassato il consiglio regionale: i documenti bancari acquisiti dalla Guardia di Finanza il 3 maggio del 2010 dimostrano che una buona parte dei soldi giravano nelle sue tasche e a questo punto si fa strada l’ipotesi che quella di tenere a bada e di demansionare la funzionaria Ornella Piredda, che chiedeva i giustificativi di ogni spesa del gruppo, possa essere un’idea partita dal capogruppo Giuseppe Atzeri con l’aiuto di Sanna per sottrarre all’attenzione degli altri onorevoli del gruppo la valanga di denaro che prendeva, attraverso il segretario, vie ignote. Se l’ipotesi trovasse conferma si tratterebbe d’un caso di subappalto involontario del peculato, perché l’accoppiata di sardisti avrebbe dirottato parte dei fondi all’insaputa dei componenti che rappresentavano partiti diversi.
Gli atti bancari. A leggere i tabulati della Banca di Sassari l’impressione è che ad Atzeri e al suo fido segretario non passasse neppure per la testa l’idea di governare secondo le regole il flusso continuo di denaro pubblico che alimentava il conto corrente numero 70007716 intestato al gruppo misto. L’inchiesta ha dimostrato coi documenti che tra il 2004 e il 2009 funzionava cosi: attorno al venti di ogni mese il consiglio regionale inviava al conto del misto un bonifico di importo tra i 65 e 75 mila euro. Il giorno stesso o al massimo 24 ore dopo il capogruppo disponeva in automatico la suddivisione tra i consiglieri, che si trovavano sul proprio conto circa 2500 euro senza alcun obbligo di chiederli e meno ancora di giustificarli. Fin qui nulla di nuovo. La sorpresa arriva quando spunta tra i nomi degli onorevoli e dei dipendenti stipendiati dal gruppo, una serie ininterrotta di disposizioni di pagamento intestate a Sanna. Non solo lo stipendio - circa 2600 euro netti al mese - ma una lunga sequenza di cifre tra i mille e i 3500 euro che non sembrano avere spiegazioni.
Gli straordinari. Nell’esame come testimone sostenuto il 21 marzo 2009, Sanna ha accennato genericamente a rimborsi che i consiglieri gli avrebbero riconosciuto per prestazioni straordinarie («mi capitava di accompagnare i consiglieri nel territorio») ma non ha detto a quanto ammontassero. Nella ricostruzione della polizia giudiziaria, riportata nell’invito a comparire per il 26 maggio - che Sanna ha ricevuto in questi giorni, l’accusa è peculato aggravato - il conto finale ammonta a circa 200 mila euro, una cifra che non sembra possa essere spiegata col semplice saldo di prestazioni di lavoro straordinarie. La domanda che la Procura si è posta e che verrà rivolta al funzionario all’interrogatorio sarà dunque proprio questa: dove finivano questi soldi? In quali tasche sono andati? Li ha tenuti lui, li ha usati per pagare qualcosa e eventualmente che cosa? L’interrogativo centrale però è un altro: la contabilità del gruppo misto era gestita da un commercialista con studio in via Dante, i contatti col professionista venivano tenuti da Atzeri attraverso Sanna. Ma gli altri consiglieri del gruppo misto sapevano che mese dopo mese, con disposizioni di pagamento continue, parte dei soldi veniva assegnata a Sanna?
L’inchiesta. A questo punto è utile fare un passo indietro, a quei giorni del 2009 in cui la funzionaria Ornella Piredda si rivolge ad Angelo Sanna e gli ricorda che in base alla legge ogni spesa compiuta con denaro pubblico dev’essere giustificata con fatture e altri riscontri documentali. Quel colloquio, confermato da Sanna all’esame testimoniale davanti al luogotenente Mariano Natale, può essere considerato il punto di partenza dell’inchiesta: la Piredda chiede, Sanna le risponde che le ricevute non servono. Lei insiste, cerca di consegnare quelle del consigliere Sergio Marracini e Sanna, confortato da Atzeri, la liquida: «Non sono richieste».
Il mobbing. Nei giorni successivi comincia il mobbing, per il quale Atzeri è imputato anche di maltrattamenti, abuso d’ufficio e lesioni personali. La Piredda soffre ma resiste e si ribella, deposita il primo dei tre esposti e va alla Nuova Sardegna a raccontare una storia che in quella fase ha già pagato con un pesante taglio sullo stipendio e con la propria salute. Ma è qui che nasce un interrogativo forse destinato a cambiare la traccia iniziale di questa vicenda: davanti al tribunale Paolo Maninchedda ha detto chiaramente ai giudici che il problema dei fondi ai gruppi era noto, se ne discuteva, c’erano dubbi sulle regole d’uso e sulla destinazione dei soldi. Tutti in via Roma sapevano, c’era una delibera del 1993 che dettava norme confuse e compiacenti dalle quali Maninchedda ma anche altri onorevoli avevano preso le distanze.
Allora perchè Atzeri e il suo più fedele collaboratore incassarono tanto male la legittima richiesta avanzata dalla Piredda, che come funzionaria del gruppo consiliare voleva vederci chiaro? Di che cosa avevano paura?
Nessuno sapeva? Forse - è un’ipotesi recente, sfociata nell’invito a comparire firmato dal pm Marco Cocco per Sanna - il timore era che gli altri membri del gruppo misto, uniti formalmente ma divisi dalle appartenenze politiche, si accorgessero di come Atzeri gestiva i fondi. Forse non dovevano sapere che 200 mila euro in quattro anni avevano imboccato una strada sconosciuta anzichè prendere quella delle loro tasche.
Le indagini. Tutto ancora da verificare. Ma la scelta di iscrivere Angelo Sanna al registro degli indagati dopo quasi quattro anni dalle indagini bancarie lascia aperta la porta ad ogni ipotesi, che per adesso non trovano riscontro ufficiale. Di certo la posizione dell’ex segretario del gruppo misto è apparsa chiara fin dai primi passi dell’inchiesta, cui prese parte solo come testimone. Ma non è detto che nel corso del complesso lavoro di accertamento dei fatti l’attenzione della Procura nei confronti di Sanna si sia affievolita. L’impressione è che dal suo esame il pm Cocco si aspetti qualcosa di importante.
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