Un tempio della cultura che non ha bisogno di padrini
di Eugenia Tognotti «Ci sedemmo dalla parte del torto visto che tutti gli altri posti erano occupati». Si ha l’impressione di trovarsi nella condizione espressa in questo caustico aforisma di Brecht...
di Eugenia Tognotti
«Ci sedemmo dalla parte del torto visto che tutti gli altri posti erano occupati». Si ha l’impressione di trovarsi nella condizione espressa in questo caustico aforisma di Brecht ad avanzare qualche riserva sulla proposta di intitolare a Enrico Berlinguer la Biblioteca universitaria. Vale però la pena, qualche volta, di mettersi o di trovarsi dalla parte del torto, se si hanno buone ragioni per sostenere posizioni diverse rispetto a quelle del consistente gruppo di intellettuali che hanno lanciato un appello. Intitolare a Enrico Berlinguer quella piazza del sapere che è la Biblioteca universitaria della città in cui è nato, assumerebbe un significato di grande valore civile, sostengono i promotori dell’iniziativa, sostenuti dal sottosegretarioai Beni culturali Francesca Barracciu. Che insiste sulla necessità di mantenere vivo «il ricordo di un uomo, che fece della giustizia sociale e della rettitudine morale uno stile di vita». Ora, Dio solo sa se non avremmo bisogno dei valori che egli praticava – rigore, moralità, equilibrio, tenacia – che gli sono unanimemente riconosciuti, per uscire dalla deriva etica che ha investito questo Paese. Ma perché non cominciare a esercitarli, nel concreto dell’azione politica e nelle istituzioni, quei valori politici, etici, morali da trasmettere alle giovani generazioni? E’ con l’esempio, e non con un’intitolazione della Biblioteca universitaria, che si creeranno le condizioni per battere malcostume politico e corruzione.
Ma vi sono molte altre ragioni per dire che non si tratta di una scelta “giusta”. Intanto Enrico Berlinguer è un punto di riferimento per tutti, e non solo per Sassari e i sassaresi. Perché, viene da chiedersi, scegliere un’intitolazione – e a tamburo battente – per l’antica Biblioteca universitaria di Sassari, 200.000 volumi, un patrimonio librario di alta specializzazione cresciuto e organizzato nel corso di quattro secoli? Non ha un nome, per dire, la Biblioteca universitaria di Pavia , una delle più antiche e importanti università italiane ed europee, 650 anni di storia, che pure potrebbe attingere ad un interminabile repertorio di nomi di celebri maestri, tra cui quello del premio Nobel per la Medicina Camillo Golgi, che in quell’Università insegnò per decenni. Né sono intitolate a un qualche gigante del pensiero o personaggio illustre le Biblioteche di altre grandi Università italiane. Che intitolano, semmai, singole aule, dipartimenti, biblioteche di Facoltà a studiosi o scienziati che hanno aperto la strada al progresso o segnato un’epoca, come Alessandro Volta o Cesare Beccaria, autore del celeberrimo pamphlet “Dei delitti e delle pene”, cui si devono i concetti fondamentali del diritto penale moderno. Effettuate, in genere, in occasione di anniversari, le scelte di intitolare scuole, biblioteche, istituti a figure che hanno lasciato una traccia significativa di sé, illustrando la cultura, le arti, le scienze, la storia delle idee, sono molto impegnative, soggette a precise procedure. Non per niente, sono affidate, in genere, a organi ollegiali – consigl, commissioni, Senato accademico (quando si tratta di istituti scientifici o aule)– che decidono dopo aver preso in esame diverse opzioni. E, non di rado, le decisioni provocano polemiche aspre, come quella in corso nel paese veneto di Santa Maria di Sala sull’intitolazione a Sandro Pertini di una sala teatro. A decidere sarà il ministero dei Beni culturali: c’è da sperare che la proverbiale lentezza delle procedure intervenga a dettare decisioni più meditate.
Docente di Storia
della medicina
Università di Sassari