La Nuova Sardegna

La festa al bar, poi l’urlo: «Ci sono 3 morti»

La festa al bar, poi l’urlo: «Ci sono 3 morti»

E i commercianti che lavorano accanto al negozio di Azzena raccontano la vita di un uomo normale

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TEMPIO. Ogni mattina Giovanni Azzena usciva di casa, faceva qualche metro ed entrava al Caffè Museum. Prendeva un caffè macchiato e leggeva il giornale. Un rituale che si ripeteva da anni. Per Fausto Ducceschi, titolare del locale di piazza Gallura, Azzena, però, non era uno dei tanti clienti abituali che popolano il suo locale, ma soprattutto un amico. «Giovanni veniva tutti i giorni, spesso insieme alla moglie. Era qui anche sabato mattina. Abbiamo chiacchierato, riso, scherzato. Perché lui era un tipo così. Uno di compagnia, sempre con la battuta pronta. E guai a parlargli di politica. Era sempre contro tutti e tutto. La moglie, invece, era diversa, lei aveva un carattere più riservato». Sabato sera, quando sono stati rinvenuti i tre corpi in via Villa Bruna, al Caffè Museum si stava svolgendo una festa di matrimonio. «Stava andando tutto bene – racconta ancora Ducceschi –, gli ospiti avevano appena incominciato a ballare, quando, verso le 23, uno degli invitati è entrato di corsa nel locale ed è andato verso la band. “Spegnete la musica, ci sono tre morti”. Io sono uscito subito e ho scoperto che si tratta di Giovanni, della moglie, del bambino. Uno choc».

Tra il Museum e la palazzina degli Azzena c’è una pizzeria. Sabato il titolare Antonio Piras era al lavoro fino alle 22.30, ma è venuto a sapere dell’atroce delitto solo ieri mattina.

«È stata mia suocera a raccontarmi quello che era accaduto. Una cosa atroce. Ci vedevamo tutti i giorni, le nostre attività sono a pochissimi metri. Il bambino giocava sempre a pallone qui nella strada di fronte ai negozi. E ogni fine settimana la signora ordinava le pizze e poi Pietro le veniva a prendere. È davvero tutto assurdo. Tempio è una cittadina tranquilla, non riesco a capire come sia potuta succedere una tragedia di simili proporzioni». Anche Marzio Masu, l’edicolante di piazza Gallura, conosceva bene la famiglia Azzena. «Ci vedevamo ogni giorno – racconta con la voce strozzata e gli occhi lucidi –. L’ultima volta è stata sabato. Giovanni era seduto al bar come tutte le mattine. È pazzesco che a Tempio sia stata commessa questa carneficina. Ho tutto il giorno davanti ai miei occhi Pietro che gioca a pallone nella piazza con gli amichetti. Mi sembra impossibile che non lo vedrò più». (al.pi.)

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