Le indagini tra prestiti e gioielli: sotto torchio cinque persone
Gli interrogatori dei carabinieri potrebbero in breve tempo portare a una svolta. Domani l’autopsia I militari cercano anche legami della vittima con il mondo del traffico di preziosi e dei compro oro
TEMPIO. Le autopsie sui corpi delle tre vittime della strage di Tempio cominceranno questa mattina nell’istituto di patologia forense di Sassari. Il medico legale, Salvatore Lorenzoni dovrà stabilire l’ora del decesso, quindi dire quali siano state le cause della morte dei tre congiunti. E mentre gli uomini del Ris di Cagliari spruzzavano nubi di Luminol, alla ricerca di tracce biologiche, dentro il negozio di scarpe e nell’abitazione della strage i carabinieri di Tempio e i colleghi dell’investigativa di Sassari mettevano sotto torchio una decina di personaggi dell’Alta Gallura, cinque dei quali hanno avuto a che fare, anche recentemente, con Giovanni Azzena. Chi è entrato sabato pomeriggio dentro la casa degli orrori ha ripulito tutto, ma nel lasciare l’appartamento ha seminato molte tracce ed è su queste che si stanno accentrando le attenzioni del magistrato inquirente, il sostituto procuratore della Repubblica Angelo Beccu, e quelle degli investigatori dell’Arma, che hanno già raccolto diverso materiale ritenuto interessante e utile alle indagini. Il capo della procura di Tempio. Domenico Fiordalisi, è costantemente informato dal suo sostituito sull’andamento delle indagini, che avrebbero già intrapreso una direzione ben precisa e che andrebbe ad immergersi nel mondo omertoso e sfuggente che circonda l’usura e il traffico di preziosi, il lucroso mercato illegale, in questo periodo di crisi, che ricicla il provento dei furti per “piazzarlo” in diverse zone dell’Italia, da Genova a Milano, passando per compro oro compiacenti di Cagliari. In questo ambiente incline alla violenza navigava, dopo i trascorsi da presunto strozzino che nel 2008 avevano portato in carcere (coinvolgendo anche la moglie Giulia per favoreggiamento personale), il commerciante di scarpe Giovanni Maria Azzena. Un padre sinceramente affettuoso ed esemplare, secondo le innocenti e spontanee parole del figlio Pietro. Un personaggio da prendere con le pinze, era invece il giudizio (postumo) che di lui ora danno i tanti “conoscenti” con i quali aveva avuto a che fare. Se è vero che gli “esattori” che hanno posto fine alla vita di Giovanni Azzena e brutalmente assassinato i suoi familiari arrivano da lontano, il fatto diventa inquietante per i collegamenti che questo genere di messaggeri hanno oltre Tirreno. L’ombra della criminalità organizzata, ed in particolar modo della Camorra, era già stata proiettata sulla città per la presenza, in due distinte indagini (la prima riguardante il crack di una azienda di acque minerali e la seconda vedeva coinvolti due dei “soci” in affari di Giovanni Azzena) di finanziamenti occulti riconducibili al riciclaggio e un giro di dollari falsi che continuano, anche se con minore intensità, ad essere ancora spacciati in Gallura. Su questi e altri spunti investigativi ai quali negli ultimi anni è stata messa la sordina, per non dire l’oblio, è stato riacceso il faro degli accertamenti. Scattati pochi istanti dopo che si era stabilito che la morte di quelle tre persone dentro l’appartamento di via Villa Bruna era dovuto a morte violenta. Ieri, a notte inoltrata, alcuni personaggi erano ancora sotto pressione dentro la caserma dei carabinieri di viale don Sturzo. «Normali attività investigative, come è doveroso in questi casi» ha spiegato il capitano dei carabinieri Giovanni Bartolacci. La sensazione che i militari abbiano già imboccato una precisa pista da seguire è forte, e segue le “tracce” lasciate dagli assassini dentro e fuori la casa degli orrori. (g.p.c.)
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