In caserma nella notte finisce sotto torchio anche un altro uomo
A Tempio i carabinieri interrogano da ore un operaio I coniugi sono stati strangolati, la conferma dall’autopsia
TEMPIO. Il lavoro degli investigatori, contrariamente a quanto si possa pensare, non è ancora finito. Nella caserma dei carabinieri di Tempio, in viale don Sturzo, anche ieri notte si sono fatte le ore piccole. Sotto pressione c’è un operaio che avrebbe intrattenuto rapporti di affari con Giovanni Azzena e con il suo presunto killer, Angelo Frigeri. La posizione dell’uomo, convocato dai militari come (al momento), persona informata sui fatti è al vaglio dei magistrati inquirenti, i quali stanno analizzando e sottoponendo a verifiche ogni sua parola e effettuando approfonditi accertamenti sull’alibi fornito per sabato pomeriggio, per l’ora della strage.
L’autopsia. Nel frattempo a Sassari, nel pomeriggio di ieri, il medico legale Salvatore Lorenzoni ha portato a termine le perizie necroscopiche sui corpi di Giovanni Azzena, della moglie Giulia e del figlioletto Pietro. La prima indicazione sulle cause del decesso dei tre farebbe riferimento al soffocamento da strangolamento. Un elemento che aggraverebbe la già delicata posizione processuale dell’indiziato, che non potrà invocare, se queste risultanze dovessero essere confermate, il delitto d’impeto che sarebbe stato contestabile nel caso in cui la morte fosse dovuta ai colpi di spranga inferti sui due adulti. I cadaveri dei due genitori, in attesa del trasferimento a Tempio per i funerali che si svolgeranno in cattedrale, sono stati trasportati alla camera mortuaria di Sassari mentre per il trasferimento della più piccola delle tre vittime si è in attesa del via libera del magistrato.
Da un primo esame esterno, sembrerebbero non evidenti i segni di violenti colpi di corpi contundenti sulle vittime, mentre si notano quelli dello strangolamento. La ricostruzione dinamica di quanto è accaduto all’interno dell’appartamento della famiglia Azzena necessita dell’esito degli ulteriori dati «che completano – ha spiegato il procuratore della Repubblica di Tempio Domenico Fiordalisi – gli aspetti oggettivi utili alla ricostruzione dei fatti: diverso è se è avvenuto d’impeto, in momento unitario, o se è accaduto in più momenti distinti o se ci sono tracce sulla causa della morte». Le tante versioni del triplice omicidio che sarebbero state fornite, nei diversi momenti del lunghissimo e drammatico interrogatorio dall’unico indiziato, stridono contro le risultanze del corposo lavoro di investigazione svolto dagli uomini delle squadre investigative dei carabinieri di Tempio e Sassari che hanno fornito al magistrato inquirente più di un elemento probatorio per arrivare al fermo di Angelo Frigeri. Il quale, oltre a bere drink sul luogo del delitto, si sarebbe anche sporcato di sangue alcuni indumenti, sul quali stanno ora lavorando gli esperti del Ris.
Resta, nell’orribile e ancora incompiuto quadro del triplice delitto di Tempio, una zona grigia che dovrà necessariamente essere fugata dagli investigatori: qual è il movente della strage e chi, oltre allo squattrinato disoccupato di Tempio amante di griffe e delle vacanze nei luoghi d’arte, abbia messo piede dentro la casa degli orrori di via Villa Bruna. L’ultima versione di Angelo Frigeri parla di un suo intervento soltanto per ripulire l’appartamento dal sangue delle tre vittime. (g.p.c.)