La Nuova Sardegna

Le indagini: il presunto omicida forse era sotto l’effetto della cocaina

Le indagini: il presunto omicida forse era sotto l’effetto della cocaina

Angelo Frigeri avrebbe ammesso di aver assassinato madre, padre e figlio e anche di aver pensato di bruciare i cadaveri

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TEMPIO. La cocaina affiora tra le righe degli accertamenti scientifici ancora in corso, anche se molti affermano e spergiurano che Angelo Frigeri non ne faceva uso. La tortura del bimbo – una ulteriore pressione psicologica per far confessare al padre chissà quale recondito e ancora misterioso segreto, che l’uomo si è comunque portato nella tomba – stride con la ricostruzione logico-scientifica degli accadimenti, se logica può essere applicata a questa assurda e brutale strage che continua a restare senza un reale movente.

Angelo Figeri, nelle sue continue giravolte verbali, ha ammesso d’aver trucidato l’intera famiglia di amici indicandone anche la sequenza temporale – madre, padre e figlio – esternando (elemento, questo, ricorrente in tutte le sue versioni) l’idea finale di dar fuoco alla casa, a notte inoltrata, per far scomparire ogni traccia.

Una pensata puerile, quella di incendiare l’appartamento con dentro i corpi massacrati delle sue vittime, nella assurda speranza di cancellare tra le fiamme l’orrore compiuto dopo pranzo. Per accertare la commissione del triplice delitto sarebbe bastato vedere, agli inquirenti, i tre cadaveri. Ma questo aspetto investigativo Angelo Frigeri lo ignorava. L’ora del decesso delle tre vittime è stata indicata dal medico legale come avvenuta tra le 13 e 30 le 15 e 30 di sabato: Salvatore Lorenzoni non ha trovato tracce di cibo nel tubo digerente. Il fuoco che Angelo Frigeri si era messo in testa di appiccare a notte fonda, simulando un banale cortocircuito, avrebbe soltanto ritardato di qualche minuto le indagini sul triplice omicidio. L’uomo, dopo aver ripulito e messo in ordine l’appartamento, si sarebbe reso conto d’avere i jeans sporchi di sangue sino all’inguine. Non avrebbe esitato a toglierseli e indossare (conosceva a menadito ogni angolo della casa) un paio di pantaloni di Giovanni Azzena, una delle tre vittime del suo ancora oscuro disegno criminale. Le ricorrenti voci che il bambino sia stato sottoposto, prima di morire strangolato, a non meglio precisate torture davanti al padre ancora in vita sono state smentite dagli investigatori, i quali non sono voluti entrare nei particolari di un caso ancora tutto da sviscerare. Le uniche certezze sinora trapelate dall’inchiesta (gli atti processuali sono stati secretati dal magistrato inquirente, Angelo Beccu) sono quelle della consapevole certezza che Angelo Frigeri sarebbe l’unico ideatore e autore della strage, una convinzione che, giorno dopo giorno, diventa sempre più concreta.

Ieri mattina, nella stanza del procuratore della Repubblica di Tempio Domenico Fiordalisi si sono ritrovati il magistrato inquirente Angelo Beccu e gli investigatori, per fare il punto sulle indagini, che risultano già ampiamente fruttuose. Angelo Frigeri, qualunque sia la versione che fornirà nelle prossime ore, sarebbe inchiodato alle sue responsabilità da una mole talmente alta di riscontri oggettivi che difficilmente potranno essere confutati in sede di udienza preliminare. La cocaina, le torture e il fuoco finale sono invece gli ingredienti che ieri sono trapelati dalle indagini, che non si sono fermate neppure un attimo da sabato notte, quando alle 23 le sorelle di Giovanni e Giulia (Alessandra e Antonella) aprirono la porta sugli orrori compiuti nell’appartamenti di via Villa Bruna. Un appartamento che continua a nascondere un tremendo segreto, qualcosa di inconfessabile perfino dall’assassino di Giovanni, Giulia e del piccolo Pietro. (g.p.c.)

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