La Nuova Sardegna

Fitch promuove Renzi E nel Pd scoppia la “pace”

di Maria Berlinguer

Agenzie di rating e banche d’affari giudicano positivo il risultato delle europee Oggi la direzione del partito in un clima unitario. L’apertura di Vendola

29 maggio 2014
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ROMA. Avanti tutta su riforme e riorganizzazione del partito. Incassata la legittimazione europea, dopo il successo elettorale, Matteo Renzi viene promosso anche dall’agenzia di rating Fitch. «La chiara vittoria del Pd su M5S e Fi rafforza il mandato di Renzi» dicono i solitamente severi esperti di Fitch secondo i quali questo è un fatto «positivo per il profilo del credito e dovrebbe fornire una ulteriore spinta all’agende di riforme economiche». Parole condivise dai maggiori esponenti della finanza mondiale, da Morgan Stanley alla cinese Dedong e che subito rimbalzano al Forum della Pubblica amministrazione dove il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan ricorda che il semestre italiano di presidenza dalla Ue dovrà servire «per mettere al centro del dibattito delle politiche europee la crescita e l’occupazione». Ma avverte: per ottenere più flessibilità da Bruxelles è necessario premere sulle riforme. Perché, sottolinea ancora Padoan, la vera crescita «non passa da scorciatoie ma da misure strutturali». Come la riforma della Pubblica amministrazione. «La cifra da aggredire che noi prendiamo di riferimento è di 60 miliardi», dice il ministro dell’Economia. E lo stesso Renzi, con un twitter, rilancia, in previsione della riforma della Pa che approderà il 13 giugno in consiglio dei ministri. «Marianna Madia mi ha portato il report sulla consultazione della riforma delle P.a: 34.674 email di proposte: ci siamo».

Il primo banco di prova per capire se nel Pd è cambiata la musica dopo la vittoria elettorale sarà oggi al Senato. Il 29 è l’ultimo giorno utile per presentare emendamenti e Corradino Mineo, firmatario con altri 21 senatori della minoranza dem del testo di Vannino Chiti contrario alla non eleggibilità dei senatori. A largo del Nazareno intanto si riunirà anche la direzione del Pd che dovrebbe sancire la pax interna tra le correnti, con una gestione unitaria del partito. A partire dalla composizione delle nuova segreteria dove vanno rimpiazzate diverse caselle a partire da quelle di Madia, Mogherini, Pinotti e forse Luca Lotti, tutti entrati nel governo. L’orientamento è quello di rinviare il giro di nomine al 14 giugno, quando si riunirà l’assemblea del Pd, dopo i ballottaggi dell’8 giugno. La riorganizzazione potrebbe riguardare anche i gruppi parlamentari, anche se Roberto Speranza, il capogruppo alla Camera, potrebbe restare a guidare i deputati. Diverso è il caso del prossimo presidente dell’Assemblea. Dopo le dimissioni di Gianni Cuperlo, Renzi aveva fatto capire di ritenere giusto che il presidente fosse un esponente della minoranza del partito. Potrebbe essere Paola Micheli, ora vicecapogruppo alla Camera, molto vicina a Enrico Letta la futura presidente. In alternativa circola anche il nome di Roberta Pinotti, attuale ministro delle Difesa e di Micaela Campana. Di sicuro dovrebbero entrare in segreteria alcuni «giovani turchi» come Orfini. Quanto alla vecchia guardia, Renzi incassa l’elogio di D’Alema che ammette: lo straordinario successo del Pd è merito di Renzi. Bersani però avverte: «A Renzi serve molta umiltà, mi pare l’abbia capito». Capitolo a parte è l’apertura di Nichi Vendola. Sel appare sempre più spaccata tra chi come Migliore immagina un partito unico con il Pd e l’ala dura. «Se Renzi adopererà la leva pesante che gli è stata offerta dal corpo elettorale per ribaltare l’Europa e l’agenda del governo, trasformeremo le nostre critiche e i nostri dissensi in consenso», dice a sorpresa Vendola.

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