La Nuova Sardegna

“Primavera al Laber” stasera a Berchidda con Fresu e Paola Turci

di Erri De Luca
“Primavera al Laber” stasera a Berchidda con Fresu e Paola Turci

L’evento anticipa il tema del prossimo Time in jazz: “Piedi” Elogio di Erri De Luca sulla parte che «regge l’intero peso»

21 giugno 2014
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BERCHIDDA. Oggi a partire dalle 21.00, torna al Centro Laber di Berchidda il progetto “La prima rondine”. Quest'anno sul palco Paolo Fresu incontrerà nel primo dei due set la cantautrice Paola Turci. Nella seconda parte dell'evento il trombettista berchiddese sarà al fianco del duo di Musica nuda, con la voce di Petra Magoni e il contrabbasso di Ferruccio Spinetti. I biglietti sono disponibili su Vivaticket.it o a Berchidda, presso la sede dell'Associazione culturale Time in Jazz.

L'evento anticipa il tema della ventisettesima edizione del festival internazionale Time in Jazz, i “Piedi”, attraverso un percorso di accettazione che inizia dalle parole di Erri De Luca, che nel testo che proponiamo seguire racconta come che anticamente, quando capitava di dover pronunciare la parola “piedi”, ad essa si facesse sempre seguire la locuzione “con rispetto parlando”, per sottolineare una sorta di timidezza e distacco verso una parte del corpo della quale ci si vergognava, quasi considerandola "altro da sé”. Nell’antica Roma erano gli schiavi a lavare i piedi dei loro padroni mentre i sovrani dimostravano la loro supremazia chiedendo ai sudditi che glieli baciassero. E’ stato forse solo il tempo o una consapevolezza più giusta, dunque, a favorire un percorso di approvazione dei piedi, che trova la sua culla nello splendido “Elogio” dello stesso Erri De Luca.

* * *

di Erri De Luca

Elogio dei piedi

Perché reggono l’intero peso.

Perché sanno tenersi su appoggi e appigli minimi.

Perché sanno correre sugli scogli e neanche i cavalli lo sanno fare.

Perché portano via.

Perché sono la parte più prigioniera di un corpo incarcerato. E chi esce dopo molti anni deve imparare di nuovo a camminare in linea retta.

Perché sanno saltare, e non è colpa loro se più in alto nello scheletro non ci sono ali.

Perché sanno piantarsi nel mezzo delle strade come muli e fare una siepe davanti al cancello di una fabbrica.

Perché sanno giocare con la palla e sanno nuotare.

Perché per qualche popolo pratico erano unità di misura.

Perché quelli di donna facevano friggere i versi di Pushkin.

Perché gli antichi li amavano e per prima cura di ospitalità li lavavano al viandante.

Perché sanno pregare dondolandosi davanti a un muro o ripiegati indietro da un inginocchiatoio.

Perché mai capirò come fanno a correre contando su un appoggio solo.

Perché sono allegri e sanno ballare il meraviglioso tango, il croccante tip-tap, la ruffiana tarantella.

Perché non sanno accusare e non impugnano armi.

Perché sono stati crocefissi.

Perché anche quando si vorrebbe assestarli nel sedere di qualcuno, viene scrupolo che il bersaglio non meriti l’appoggio.

Perché, come le capre, amano il sale.

Perché non hanno fretta di nascere, però poi quando arriva il punto di morire scalciano in nome del corpo contro la morte.

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