Maninchedda al Pd: «Un patto per tenere testa allo Stato»
Il Partito dei Sardi propone di andare insieme alle elezioni Il segretario Sedda: solo noi segniamo l’azione della giunta
ORISTANO. Doppio messaggio al Partito democratico dall'assemblea nazionale aperta che il Partito dei Sardi ha tenuto ieri all'Hostel Rodia di Oristano per fare il punto della situazione a cento giorni dall'avvio della legislatura regionale.
Il primo porta la firma di Franciscu Sedda, segretario del movimento che ha debuttato con successo alle elezioni del 16 febbraio, e suona come un pesante atto di accusa.
Il secondo lo ha lanciato l'assessore ai Lavori pubblici Paolo Maninchedda e ha invece il sapore della sfida.
«Siamo partiti bene e stiamo mantenendo le promesse» ha esordito Sedda che poi senza tanti complimenti ha spiegato che alcuni assessorati non stanno facendo altrettanto. «In questo momento – ha aggiunto – ci siamo solo noi che stiamo segnando l'azione di governo, e il presidente Pigliaru, la cui azione è influenzata dal nostro ideale di sovranità».
Di fronte a uno Stato centrale che ascolta solo la voce della forza, il Partito dei Sardi da solo non ha certo i numeri per farsi valere, spiega poi Paolo Maninchedda quando arriva il suo turno.
«Ma da solo – aggiunge l’assessore della giunta Pigliaru – non ce l'ha neanche il Partito democratico e in Sardegna non c'è uno straccio di partito che abbia la forza di tenere testa allo Stato italiano».
Quindi «serve un grande partito della sovranità, della cultura e del lavoro in Sardegna. O diventiamo grandi o non usciamo da questa situazione».
È la premessa della sfida lanciato al Partito democratico sardo. La proposta è molto semplice e vale anche per gli altri partiti della coalizione di centrosinistra: «Serve un patto federativo per andare insieme alle elezioni europee e a quelle politiche». E la domanda, rivolta esplicitamente al Partito democratico, è diretta: «Che cosa vi impedisce di fare un congresso insieme a noi?».
In attesa di una risposta, Maninchedda solleva qualche altra questione. Una è quella delle nomine per enti e società partecipate: «Niente nomine finché non passa la legge Manca che fissa il limite di età a 65 anni perché vogliamo ripartire dalla generazione dei trentenni e dei quarantenni».
Un'altra questione è quella della comunicazione istituzionale: «L'ho detto a Pigliaru e ai colleghi della giunta: stiamo sbagliando tutto». Ed è in qualche modo legata, secondo Maninchedda, a una sorta di golpe bianco che sarebbe in atto «per condizionare le scelte del nuovo Piano paesaggistico, della legge urbanistica e del nuovo piano sanitario».
Per l’assessore regionale «leggendo i giornali si capisce tutto: è opera di gente che non cerca il consenso dei sardi nelle urne ma punta a manipolarlo per far passare l'idea che il pensiero di poche persone sia il pensiero della maggioranza dei sardi».