La Nuova Sardegna

Ambiente e cultura, un binomio per crescere

di Costantino Cossu
Ambiente e cultura, un binomio per crescere

Due iniziative del Fai della Sardegna a Sedilo e a Santu Lussurgiu. Religione e identità ma anche crescita legata al dinamismo dei piccoli Comuni

04 luglio 2014
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Ricominciare dai piccoli Comuni. Ridefinire un percorso di crescita sostenibile a partire da realtà locali ricche di risorse materiali e immateriali da inserire in un disegno complessivo che possa essere un'alternativa alle politiche di pura e semplice gestione dell'emergenza. Fai, infatti, non significa soltanto tutela del paesaggio e dell'ambiente. Significa, in senso ben più ampio e ben più radicale, impegno a definire un quadro di priorità e di pratiche che sono anche economiche e sociali. Non a caso il titolo dell'ultimo congresso nazionale della Fondazione, che si è tenuto lo scorso maggio a Ivrea, si intitolava “Quale rinascita?”. E non a caso è stata scelta Ivrea, il piccolo luogo della grande esperienza olivettiana.

La neoeletta presidentessa del Fai Sardegna, Maria Antonietta Mongiu, su questa strada s'è messa con convinzione: «La scelta di un rinnovato ruolo sociale e culturale della nostra Fondazione – dice – si realizza attraverso un sempre maggiore radicamento territoriale, che si può attuare soltanto con il coinvolgimento di quanti operano nei territori stessi. Salvaguardare quanto l'Italia e la Sardegna conservano, per favorire il benessere intellettuale e materiale delle comunità». Coerentemente rispetto a questa scelta il Fai Sardegna sta promuovendo una serie di iniziative in tutti i territori, a partire, appunto, dai piccoli Comuni.

Il primo appuntamento, intitolato "Quale rinascita? I novenari: un patrimonio materiale ed immateriale da conoscere e salvaguardare", si terrà a Sedilo oggi dalle 17, 30 a Sa prima Ighina. Studiosi ed amministratori affronteranno il tema della tradizione religiosa e comunitaria della Sardegna, da salvare non soltanto dalla dimenticanza, ma anche dalla banalizzazione folkloristica e dalla imbalsamazione etnicistica, i nemici peggiori.

«Sedilo – spiega Maria Antonietta Mongiu – è uno dei centri che hanno tenuto viva la tradizione in maniera intelligente. Vi si celebra un importante novenario dedicato a San Costantino, durante il quale, il 6 luglio di ogni anno, si corre l'Ardia. E' ancora valido, per Sedilo, quanto scriveva Clara Gallini nel suo saggio "Il consumo del sacro: "L'uso paraliturgico della novena, di origine medievale, ebbe in Europa una moda crescente, a partire dal XV secolo. Ma l'istituto del novenario presso una chiesa campestre non trova (almeno allo stato attuale delle conoscenze) paralleli continentali, e sembra essere una caratteristica isolana, da correlarsi dunque alle particolari condizioni storiche e socioeconomiche della Sardegna ». Un patrimonio straordinario che va studiato e tutelato.

La seconda iniziativa del Fai avrà invece per tema "Quale rinascita? Esperienze di comunità in Sardegna e sviluppo locale" e si terrà domani a Santu Lussurgiu dalle 17,30 all'ex Monte Granatico. Storici, sociologi, esperti di gestione dell’ambiente e amministratori rifletteranno sulla possibilità che i piccoli centri possano ancora essere attori di crescita e di sviluppo sostenibile. «Partiremo – dice Maria Antonietta Mongiu – da una riflessione sul progetto che l'Organizzazione per la cooperazione economica europea (Oece) attuò in Sardegna tra il 1958 e il 1962. Un piano che prevedeva interventi e metodologie in grado di sostenere processi di empowerment favorevoli allo sviluppo del capitale sociale». L'Oece è stata un'organizzazione internazionale attiva dal 1948 al 1962. Fu istituita con lo scopo di controllare la distribuzione degli aiuti americani del Piano Marshall per la ricostruzione dell'Europa dopo la seconda guerra mondiale e per favorire la cooperazione e la collaborazione fra i Paesi del vecchio continente. «Perché – si interroga Maria Antonietta Mongiu – la strada indicata dal progetto Oece fu abbandonata? Perché la Rinascita non si fondò su un modello che anticipava i temi dello sviluppo locale? Ed oggi, tramontata la stagione della chimica di base e della rapina delle coste, è possibile praticare politiche che privilegino il recupero dei centri storici e del paesaggio e la centralità dell’agricoltura e dell’artigianato? Un modello che privilegi le qualità territoriale e le sue competenze. Storici, urbanisti, sociologi ed amministratori sono chiamati al confronto con le popolazioni, perché i decisori non siano lasciati soli nella responsabilità di un futuro che deve essere di tutti e per tutti».

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