La Nuova Sardegna

Finanza innovativa per l’isola

di Alfredo Franchini
Finanza innovativa per l’isola

Il convegno sul credito: «Le banche regionali hanno vantaggi da sfruttare»

05 luglio 2014
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CAGLIARI. Quali sono gli effetti della stretta creditizia sulle famiglie e sulle imprese? L’impatto della crisi più profonda, generata dalla vicenda dei mutui subprime in America nel 2006 e protratta nel tempo, è devastante per le fasce più deboli della società e per le piccole imprese. È quanto è emerso ieri nel convegno internazionale promosso dalla Facoltà di Scienze economiche che ha avuto il contributo di diversi economisti italiani e stranieri.

Nel sistema sardo c’è un’anomalia: la concentrazione degli sportelli (al 70%) tra due gruppi, Banco di Sardegna e Intesa Sanpaolo. Ma la sintesi a cui si è arrivati è che questa anomalia non abbia inciso per niente sulla stretta creditizia su cui giocano altri fattori. «Ci sono le condizioni per allentare il credit crunch», spiega Roberto Malavasi, docente di Tecnica bancaria e componente del comitato scientifico del convegno, «la liquidità la sta mettendo la Banca centrale europea e le banche si devono convincere che potenziare l’economia è la chiave di volta per dare allo stesso sistema bancario, una via tutta nostra allo sviluppo economico». La pioggia di soldi, mille miliardi di euro, che la Banca centrale europea ha destinato agli istituti di credito porta Malavasi a dire «meno male che Draghi c’è»: l’impatto sarà positivo su Pil e inflazione. Ma dalle banche ci si attende qualcosa di più, a cominciare da quelle sarde: «Il radicamento sul territorio, come nel caso del Banco di Sardegna, è un fattore da sfruttare», afferma Malavasi, «se il Banco prendesse una trentina di giovani e li mandasse a fare la finanza innovativa che si fa a Ginevra o sulla piazza di Londra e poi li riportasse nell’isola per reinnestarli in quell’albero sano che è il Banco, credo che ripartirebbe tutta l’economia sarda». Attenzione: non è l’apoteosi della finanza creativa: «Il contrario, ritorniamo all’economia reale soddisfatta da una finanza innovativa, non quella vecchio stampo che lascia tutto il rischio addosso alle banche, un rischio fondato su una raccolta tutta monetaria. Anche gli investitori devono avere opportunità diversificati di investimento in modo che ognuno di noi sia messo nelle condizioni di scegliere una via alternativa al deposito bancario». Si ipotizzano fondi di aziende regionali, o bond emessi da aziende sane dell’isola, certificati ovviamente dall’istituto di credito sardo. Ma per questo, forse, dovrà prima passare la nottata della crisi più profonda.

Giuseppe Cuccurese è intervenuto come presidente dell’Abi regionale per circoscrivere il fenomeno del credit crunch: le regole stringenti della vigilanza europea hanno cambiato il modo di fare banca, ha detto. La crisi del mercato immobiliare ha fatto saltare quello che una volta era un caposaldo del rating: oggi i possedimenti immobiliari non sono un metro di valutazione. E allora visto che le banche hanno come compito principale quello di finanziare le iniziative imprenditoriali, ecco che il valore essenziale è il business plan dell’impresa e la conoscenza della banca sul territorio. La crisi genera anche insolvenze e partite incagliate per le banche. E i dati dell’Abi sono inconfutabili: se anche in un settore trainante come il turismo si arriva al 25% di insolvenze, si capisce che il problema non è il credit crunch ma la crisi economica.

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