La Nuova Sardegna

Falchi: agricoltura, serve una rivoluzione

di Alfredo Franchini
Falchi: agricoltura, serve una rivoluzione

L’assessore a tutto campo: «Solo da noi ancora si parla di contadini, mentre nel resto del mondo di imprese»

28 agosto 2014
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CAGLIARI. E se dopo tanti anni di dibattito sulla grande industria, fosse l’agricoltura la svolta per lo sviluppo dell’isola? Un ritorno al futuro, in questa Sardegna ferma al bivio, quando la strada impone una scelta. L ’assessore all’Agricoltura, Elisabetta Falchi, non ha dubbi: ci vuole una rivoluzione culturale perché solo in Sardegna si parla ancora di agricoltori mentre nel resto del mondo si parla di imprese agricole. Certo la prima donna assessore all’agricoltura ha di fronte una grande sfida, non fosse altro perché da quando si è insediata in giunta ha trovato agricoltori e pastori nella peggiore condizione possibile. Elisabetta Falchi spiega come si può trasformare l’agricoltura sarda in questa intervista alla Nuova.

Le aziende agricole dell’isola hanno accumulato 800 milioni di debiti. La Coldiretti ha proposto un piano di ristrutturazione condiviso anche dal Banco di Sardegna. Mancate solo voi?

«Noi ci siamo e la prossima settimana cercherò il contatto con il Banco di Sardegna. Il piano di ristrutturazione del debito dev’essere attuato altrimenti le aziende rischiano il collasso».

Servono garanzie, come si può fare?

«Il piano deve essere messo a punto su tre aspetti: 1) la ristrutturazione del debito; 2) la riattivazione dei prestiti di campagna, un grande aiuto per le aziende anche sul piano della commercializzazione; 3) il microcredito con procedure semplificate. Ma non basta per far ripartire bene le aziende. Dobbiamo indicare un percorso all’impresa indebitata, accompagnarla in modo tale che possa intraprendere una strada virtuosa».

A quel punto si entra in un altro campo, dalla banca alle professionalità tecniche.

«Che ci sono. Gli Enti devono tornare a quella che era la loro funzione originaria».

Perché non hanno funzionato gli enti agricoli?

«Forse perché la riforma non è stata portata a termine. Gli enti dovevano dialogare tra loro attraverso un soggetto che li collegasse ma non è mai stato costituito».

Quindi la riforma degli enti agricoli s’inizierà da questo punto?

«Sì c’è la necessità di semplificare e di sburocratizzare. I bandi che stiamo predisponendo dovranno essere più semplici».

Il problema dei bandi è essenziale e la politica deve tornare a effettuare le scelte.

«Ho ipotizzato di testare un bando prima di farlo uscire. Lo “testeremo” su aziende-campione per capire se ci sono eventuali problematiche, per rendersi conto se i parametri sono giusti o non sono consoni come quando è stato previsto di far mettere la paglia negli ovili in estate: non serve a nessuno».

Dalla politica comunitaria arriverà una massa di denaro enorme in grado di dare una svolta; (il primo pilastro della Pac prevede 160 milioni in più rispetto alla precedente programmazione). Le riforme nazionali però non avvantaggiano la Sardegna.

«Voglio precisare che quando sono stata nominata assessore si stava chiudendo la discussione sulla programmazione per il 2014-2020. I principali accordi sono stati chiusi il 16 gennaio: se ci fossi stata io li avrei dichiarati irricevibili, in quel momento i tavoli nazionali non erano presidiati nel modo opportuno». (Dalla precedente giunta, Ndr).

Poi, però, lei non è mai mancata a una riunione del tavolo nazionale.

«Si e abbiamo corretto molte cose. Ad esempio, il piano zootecnico non prevedeva l’ovino, un’assurdità. Per fortuna, siamo riusciti a portare a casa il risultato, è stato inserito l’agnello Igp e abbiamo ottenuto otto milioni su 15 destinati alla produzione in campo nazionale».

Le aziende sarde oltre ad essere indebitate sono molto piccole. Cosa si può fare?

«Dobbiamo lavorare per favorire sempre più aggregazioni di produttori e soggetti cooperativistici in tutti i comparti, puntando sulla qualità del prodotto».

Il Consiglio ha varato una legge sul marchio Sardegna e ora tocca alla giunta.

«Nel giro di una settimana attiverò i gruppi di lavoro per i disciplinari su ortofrutta, miele e per la carne suina».

Il Movimento pastori manifesterà a Cagliari alla metà di settembre. Cosa gli direte?

«Prima vorrei capire perché protestano, sinceramente non lo so».

Contestano la Pac.

«La riforma è stata stravolta quando io non c’ero ancora, poi abbiamo portato i risultati facendo introdurre il comparto ovino nel lessico ministeriale e soprattutto confermando le misure per il benessere animale».

Due emergenze croniche: lingua blu e peste suina. Come si affrontano?

«Con la prevenzione. Le vaccinazioni devono partire a febbraio e concludersi a maggio; i vaccini vanno testati su un gregge campione».

Copagri chiede che la Regione assegni i terreni pubblici per favorire l’ingresso dei giovani in agricoltura.

«Ci stiamo lavorando, spero di far partire i primi bandi ai primi di ottobre. Per i giovani stiamo preparando un pacchetto modulare per l’accompagnamento alla creazione di un’impresa».

In un’intervista alla Nuova, il presidente di Coldiretti, Cualbu, ha sostenuto che lei sta lavorando bene ma non ha la sponda del presidente Pigliaru. Che cosa risponde?

«Che non è vero. Prenda la questione della peste suina, c’è un’unità di missione voluta dalla presidenza. Le dirò, anzi, che da parte del presidente c’è la forte volontà di sostenere il mio operato».

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