La Nuova Sardegna

Centro strategico per la guerra atomica

Centro strategico per la guerra atomica

Nell’isola il campo di addestramento per i top gun che devono sganciare gli ordigni nucleari

08 settembre 2014
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Dietro il “caso delle servitù militari” ci sono verità non dette, nascoste in patti segreti mai rivelati al Parlamento. Forse è anche il momento di approfondire la cosiddetta "qualità" di queste immense aree militarizzate, la loro reale caratura all’interno di uno scenario strategico generale. Dunque, non solo spazi sottratti alla Sardegna, ma anche verità sotterranee sottratte al diritto di conoscere. Capo Frasca, per esempio, rientra nella geografia da incubo di un potenziale rischio di guerra nucleare. Fa infatti parte di un triangolo in cui gli altri due vertici sono le basi di Aviano e di Ghedi Torre, vicino a Brescia. In questa struttura operativa ultrasegreta, creata negli anni Cinquanta per fronteggiare un eventuale conflitto nucleare, il poligono di Capo Frasca viene utilizzato per l'addestramento di piloti della Nato - anche italiani quindi - alla guerra non convenzionale. Cioè alla guerra atomica.

Il muro del segreto è diventato trasparente con la declassificazione, una decina di anni fa, con la declassificazione di documenti riservatissimi del Pentagono e della Nato: in Italia esiste un arsenale di armi nucleari americane. Novanta, per l'esattezza.

La notizia ý fu anticipata nel 2005 da Hans Kristensen, un analista indipendente di armi e strategie nucleari, che lavora per il Natural Resources Defense Council, la più importante e autorevole organizzazione ambientalista statunitense, con sede a Washington. Kristensen ý uno dei maggiori esperti nello studio di documenti riservatissimi che vengono “liberati” dal segreto con l'applicazione del Freedom information act.

Ebbene, Kristensen ha lavorato per anni per ricostruire quell'invisibile ragnatela strategica costruita, a partire dal 1954, dagli Stati Uniti in Europa negli anni della “guerra fredda”. La sua ricerca non a caso si intitola: Us Nuclear weapons in Europe, a review of post-cold war policy, force levels and war planning (Armi nucleari degli Stati Uniti in Europa, una revisione della politica del dopo guerra fredda, i livelli di forza e i piani di guerra).

Dopo due anni di silenzio, nel 2007, pur senza commenti, il Pentagono ha ammesso che ýanche il nostro Paese era parte di un'immensa scacchiera virtuale, sulla quale si giocavano strategie d'attacco e di difesa nucleare, al di fuori di ogni regola democratica. Lo stoccaggio delle bombe atomiche e l'addestramento dei piloti dei paesi Nato, infatti, ý stato sempre definito in accordi segreti bilaterali, mai ratificati dai parlamenti. Il patto che ha aperto la porta alle bombe atomiche “made in Usa” in Italia ha un nome crudamente efficace: Stone Ax, ascia di pietra.

Fino ai primi anni Duemila gli ordigni nucleari americani nel continente europeo erano ben 480, sparsi in sei nazioni (Italia inclusa). Si tratta di bombe tattiche che il Pentagono classifica B-61 in tre versioni, la cui potenza varia da 45 a 170 kiloton (una potenza equivalente a 170 mila tonnellate di tritolo, 13 volte più potente della bomba che cancellò Hiroshima). 180 di queste bombe possono essere montate sotto le ali dei bombardieri dei paesi alleati ospitanti che, così, diventerebbero parte attiva nell'eventuale conflitto atomico. «È stata una sorpresa – disse Kristensen – perché pensavamo che le bombe fossero meno della metà di quelle invece dispiegate nel teatro europeo».

Novanta bombe, come già detto, sarebbero ancora in Italia, in barba ai trattati Start che prevedevano ordigni nucleari nella sola base di Comiso, in Sicilia. Cinquanta sono conservate ad Aviano e quaranta a Ghedi Torre. Le bombe di Aviano, in caso di conflitto, dovrebbero essere utilizzate da cacciabombardieri della Us Air Force, mentre quelle di Ghedi Torre verrebbero montate sui PS-200 Tornado italiani. Questo significa che anche i nostri top-gun devono essere in grado di operare in caso di guerra atomica. Il campo di addestramento per questo tipo di operazioni ý è, secondo i documenti declassificati, in Sardegna, a Capo Frasca.

A pagina 72 del rapporto Kristensen si legge: «Per il mantenimento dell'efficienza del personale nelle missioni di guerra nucleare, è ý necessario un addestramento continuo. Per supportare un pronto dispiegamento delle armi nucleari americane in Europa e l'assegnazione delle missioni con obiettivi nucleari ad aerei dei paesi Nato non dotati di armamento atomico, l'aviazione Usa e quella della Nato mantiene un'estesa rete di campi di addestramento, dove i piloti Usa e Nato possono mettere alla prova la loro perizia nello sganciamento di bombe nucleari».

Continua il rapporto Kristensen: «Nel 1994, dopo il blocco dei lanci da terra di bombe atomiche, gli Usa mantengono 15 poligoni di addestramento in otto paesi, utilizzati espressamente per i bombardamenti nucleari». Due paesi della Nato non hanno voluto essere coinvolti nella strategia nucleare statunitense: la Grecia e la Francia, che non ha mai concesso agli alleati i suoi due poligoni di Captieux e Suippes. (p.m.)

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