La docente di tutela ambientale: «Il decreto? È un colpo di mano»
Chiara Rosnati, specialista dell’università di Sassari, spiega quali saranno le ricadute negative «Bisogna che l’isola si svegli: dalle trivellazioni alle coste rischiamo di subire scelte ancora peggiori»
SASSARI. Chiara Rosnati, da docente universitario che insegna impatto ambientale ,come giudica il decreto Sblocca Italia?
«Penso sia un colpo di mano estremamente pericoloso. S’inserisce in un contesto già problematico. Può riservare una serie di altri aspetti negativi per la Sardegna, e non solo per l’isola».
Per quali motivi?
«La normativa prevede che sino alla fine di questo dicembre la Regione continui a occuparsi delle pratiche aperte su tanti temi: dall’energia alle costruzioni. Ma stabilisce poi che per tutte quelle non chiuse entro il 2014 si passi a un ’autorizzazione unica su scala nazionale».
E questo che cosa significa?
«Equivale a saltare tutti i passaggi che sino a oggi hanno consentito in qualche misura di salvaguardare il territorio. Anche se non sempre da parte nostra tutto è stato fatto in modo tempestivo».
A che cosa si riferisce?
«Per esempio al Progetto Eleonora. Il giudizio negativo del Savi, il Servizio di vigilanza regionale, è appena arrivato. Ma è tardivo e per dire si appella ai contrasti con il Piano paesaggistico. Perché non si è intervenuti prima, già due anni fa, all’epoca della giunta Cappellacci, e si espresso parere contrario entrando nel merito dell’inaccettabilità del progetto? Avremmo tutti risparmiato parecchio tempo».
Ma più in generale che cosa la preoccupa in questo decreto del governo Renzi?
«Intanto, le questioni di metodo: la Regione e il Mibac rischiano di essere scavalcati da autorità centrali e di non poter più svolgere le loro competenze in difesa del patrimonio naturale e del paesaggio».
E poi?
«In secondo luogo, penso alla sostanza dei progetti. E alla quantità di programmazioni alle quali lo Sblocca Italia minaccia di dare un via libera incontrollato. Perché si terrebbe conto soltanto delle iniziative industriali ed economiche anziché pensare alla pianificazione generale, complessiva, globale di tutto il territorio sardo».
Per quali ragioni, esattamente?
«Pensiamo alle esplorazioni marine, all’eolico, al fotovoltaico, alle biomasse. Senza una mancata pianificazione strategica, meditata e guidata a livello politico generale, assisteremmo a un moltiplicarsi d’interventi che ottengono il via libera da Roma, senza che ci sia un coordinamento e senza che ci sia una valutazione delle ricadute».
Può fare un esempio?
«Certo. È quel che già ipotizzo in uno studio che oggi presenterò al convegno del Fai di Milis per la regione dell’alta Nurra, da Sassari sino a Stintino. Se ottenere il benestare tutti i progetti presentati, dalle centinaia di pale eoliche alle decine di ettari di superficie ricoperti di pannelli fotovoltaici sino alla centrale a biomasse legata a Matrìca, noi ci troveremo con una superficie enorme occupata da impianti per la produzione di energia davanti al parco nazionale dell’Asinara. E di tutto sembra che abbiamo bisogno nell’isola fuorché di altre fonti di produzione del genere».
Come mai ha questa convinzione?
«Perché la Sardegna oggi produce già molta più energia di quella che consuma, intorno al 30 per cento, eppure continua a pagarla più di quanto costa in tutte le altre regioni. E per questo controsenso logico si dovrebbe continuare a devastare il territorio con non si sa quali altre prospettive».
Ma tutto questo come si collega allo Sblocca Italia?
«Bisogna che l’isola si svegli: da quel decreto possono derivare scelte ancora peggiori di quelle che già subiamo oggi. Comprese nuove costruzioni lungo i litorali, non soggette a tutti i vincoli e alle autorizzazioni esistenti in questa fase. Quello di una Regione e di un ministero dei Beni culturali esautorati dei loro compiti di tutela anche sul patrimonio costiero è tutt’altro che uno scenario irrealistico».
In definitiva, che cosa pensa si dovrebbe fare?
«Se è vero che un po’ ce lo meritiamo per non essere stati brillanti nella difesa dell’ambiente, è anche vero che c’è ancora lo spazio politico per fare tornare il territorio sardo protagonista in ogni situazione».
©RIPRODUZIONE RISERVATA