La Nuova Sardegna

Nuoro, la sfida della Chiesa: non pagate le cauzioni Abbanoa

di Luciano Piras
Nuoro, la sfida della Chiesa: non pagate le cauzioni Abbanoa

Quaranta sacerdoti contro la stangata in parrocchia: «È un principio irragionevole e scellerato» Prima i preti si riuniscono in assemblea, poi garantiscono il loro totale sostegno ai cittadini ribelli

11 dicembre 2014
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NUORO. Il nuovo precetto della Chiesa nuorese è uno soltanto: «Nessuno deve pagare il deposito cauzionale di Abbanoa». Né le parrocchie, né le famiglie, né i singoli cittadini. Dopo la rivolta delle associazioni di categoria, le inchieste aperte della magistratura, la minaccia di una class action e l’insurrezione di qualche prete o sindaco solitari, è il clero barbaricino a ribellarsi. «Neppure un centesimo è dovuto alla società che gestisce l’acqua, altrimenti passa un principio assolutamente irragionevole e scellerato». Lo dicono in coro, e lo sottoscrivono, i parroci della diocesi di Nuoro, una quarantina di sacerdoti che a venti giorni dal Natale diffidano «Abbanoa dal continuare in una scelta iniqua, ingiusta, inopportuna e vessatoria per le modalità di comportamento e la quantità delle somme richieste». Da qui l’invito ai cittadini a «non pagare le bollette, garantendo il nostro sostegno». I parroci di Nuoro e dintorni esortano, inoltre, «i sindaci a porsi con decisione dalla parte dei loro cittadini, ponendo in atto le azioni necessarie per organizzare le popolazioni, per fornire le informazioni adeguate, per opporsi a tutto ciò che può creare nuove difficoltà alle persone e alle famiglie». Una vera e propria rivolta, quella del clero diocesano scaturita in un’assemblea straordinaria convocata «per esaminare la richiesta del pagamento della cauzione sul consumo dell’acqua», si legge in un documento firmato dai sacerdoti. Che subito ricordano «il caso delle parrocchie, alle quali sono pervenute richieste a partire da un minimo di 950 euro. Per le parrocchie che hanno in gestione anche altre chiese succursali, tale cifra si è moltiplicata fino a raggiungere diverse migliaia di euro. Tutti gli abitanti della Sardegna sanno che molte di queste chiese vengono utilizzate qualche volta all’anno, in occasione della festa del Santo, e quindi la cifra richiesta risulta assolutamente incomprensibile, in considerazione dei modesti consumi e delle altrettante modeste entrate». «Le richieste di Abbanoa – sottolineano i parroci – andrebbero a pesare ancora una volta sui fedeli, chiamati a concorrere con le loro offerte alla necessità della propria comunità. Le cifre richieste ad alcune parrocchie costituiscono il bilancio di un intero anno e quindi sono caratterizzate dall’iniquità e dalla esagerazione». «Gli stessi contratti sono tra i più ingiusti ed esosi. Infatti la quota fissa assimila le parrocchie alle caserme, ospedali, ecc. (che però ricevono risorse pubbliche), e recentemente è stata ritoccata al rialzo (da 100 euro ad oltre 120 euro), sempre in modo unilaterale, senza preavviso e senza giustificazione, se non la voracità di un’organizzazione mostruosa, che divora risorse e offre un pessimo servizio».

Non basta. Il clero nuorese va oltre per difendere «le ragioni dei nostri concittadini e delle loro famiglie». La situazione di disagio sociale, ribadiscono, «si allarga e si aggrava sempre più e la povertà incide su quasi il 25% delle famiglie (una su quattro); molte di queste hanno ormai rinunciato alle spese essenziali, quali quelle legate alla salute. Questa nuova “tassa”, di circa 55 euro per le utenze domestiche, si configura come un accanimento, poiché va ad aggiungersi ad una miriade di sigle (Imu, Tarsu, Tari, Tasi, Iuc), dove il cittadino medio fa fatica ad orientarsi e gli uffici pubblici stanno vivendo un ingorgo mai visto».

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