La Nuova Sardegna

Soldi pubblici e ruberie esplode lo scandalo Igea

di Mauro Lissia
Soldi pubblici e ruberie esplode lo scandalo Igea

Arrestati l’ex presidente Bista Zurru e l’ex sindacalista Marco Tuveri Ma nelle carte spicca il nome di Giorgio Oppi, che indicava i suoi candidati

18 dicembre 2014
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CAGLIARI. Rubavano tutto, secondo l’accusa: 160mila litri di carburanti in un mese distribuiti tra gli amici, piastrelle staccate dai muri delle vecchie residenze minerarie, i carrellini di ferro che gli operai usavano per trasportare i minerali. Come fosse roba loro, da anni, un valore di migliaia e migliaia di euro che serviva a oliare gli elettori, ricompensando voti e connivenze politiche: una tanica di gasolio era il corrispettivo di cinque voti, per cento consensi l’omaggio doveva essere un carrello da sistemare in giardino o un’autopala antica. Il sistema Igea, costato 600 milioni di euro pubblici dal 2009 al 2013, ha l’aria di una mafia capitale in sedicesimo, trasferita nel Sulcis: appalti truccati perché andassero a imprenditori graditi. Un giro incredibile di favori gestito da una banda dove compare puntualmente il sessantaduenne Marco Tuveri, di Carbonia, ex operaio Igea poi sindacalista Uil ora sospeso e infine autista plenipotenziario del presidente Giovanni Battista “Bista” Zurru, per gli amici «il maestro», 76 anni, una vita passata sulla breccia della politica locale, che di lui si fidava e lo lasciava fare. Sullo sfondo l’icona intramontabile di Giorgio Oppi, vicinissimo a Zurru, che si muove nel Sulcis, suo antico feudo politico, intrattenendo rapporti e impartendo ordini sul filo del rasoio penale: a leggere le accuse governa dall’alto il voto di scambio, è indagato anche lui per peculato. Lui e una pattuglia ancora da definire di maggiorenti targati Udc, la cui immagine esce a pezzi dalle carte dell’inchiesta condotta con mirabile livello di dettaglio dai carabinieri di Iglesias. Indagine partita a gennaio 2013 da un esposto, esplosa l’agosto successivo con perquisizioni e avvisi di garanzia, giunta in queste ore alla fase di svolta ma con ampie promesse di regalare altre sorprese, annunciate dagli omissis delle carte d’indagine: il comandante provinciale dei carabinieri Salvatore Cagnazzo e il capitano Nicola Pilia confermano altri arresti come probabili, forse da pescare fra i 63 indagati, lista affollata di consiglieri regionali e da alta manovalanza politica.

I reati di peculato. Ma vediamo qualche passaggio significativo di questa vicenda, riassunta nelle 59 pagine dell’ordinanza con cui il gip Giuseppe Pintori ha accolto le richieste di misure cautelari del pm Marco Cocco. Il centro è Tuveri, fiduciario di Zurru, sposato con figli, affiancato dall’amante Daniela Tidu - doppio lavoro come co.co.pro in Igea e impiegata al parco geominerario, una delle presunte minatrici che hanno manifestato a Campo Pisano - e da una seconda amante inconsapevole del rettangolo sentimentale in corso. Insieme al «maestro» Zurru, anziano ma mobilissimo, Tuveri viaggia a piacimento sulle auto aziendali, soprattutto un Suzuki Grand Vitara GT. Rifornisce quelle degli amici con il carburante Igea: una pompa installata in un garage vicino casa, a Carbonia, collegata a una cisterna da 1500 litri. Interrompe il rifornimento solo un mese o due, subito dopo le perquisizioni di agosto. Ma poi riprende, sollecitato da una delle amanti: «Oh, venti euro di benzina ho dovuto mettere... quando finisce questa storia?». Il gip Pintori contesta il peculato anche per la sottrazione dai beni Igea di piastrelle, gabbioni in metallo, carrelli, filo di ferro, tubi innocenti, materiale edile regalato ad amici e conoscenti, soprattutto sostenitori politici, pronti a votare i candidati indicati da Oppi in cambio di regalie d’ogni tipo. Tuveri dovrebbe lavorare, in realtà si muove solo per questioni personali e missioni elettorali.

Il voto di scambio. Marco Zanda per le comunali di Iglesias e Francesco Pissard per Assemini: sono i nomi indicati da Giorgio Oppi insieme al nipote Enrico. Loro devono vincere e per loro si muove l’asse Tuveri-Zurru. L’autista e Tidu controllano i seggi, vanno a prendere gli elettori a casa, soprattutto raccattano carrellini da regalare agli elettori. Un esempio: il 14 giugno 2013 rispondono a un ordine di Oppi, che invita Tuveri a consegnare alla frazione di San Benedetto di Iglesias alcuni carrelli e una ventina di minerali per onorare un impegno preso dal leader Udc, favorire l’appoggio elettorale al candidato Gigi Rubiu. Tuveri obbedisce e spiega a Oppi che alcuni carrelli erano stati già consegnati ad Assemini, per il loro amico Pissard. Stupisce la disinvoltura criminale: nelle conversazioni registrate l’autista e i suoi referenti parlano dei beni Igea, beni pubblici regionali, come fossero un patrimonio personale e come tale ne dispongono.

Gli appalti truccati. Bisogna aiutare Marco Zanda, dipendente Igea targato Udc, a farsi eleggere. L’idea è di sollecitare il commissario straordinario del comune di Iglesias, Antonio Giovanni Ghiani, a mettere in sicurezza una strada proprietà dell’Igea nella frazione di Nebida. Serve a fare assunzioni a termine di operai, tant’è che Tuveri dice al telefono all’imprenditore Riccardo Putzolu - che ha vinto l’appalto insieme a Gian Luca Giganti - che «non gli interessa un cazzo del muro di sicurezza, tutto serve per la campagna elettorale». Il lavoro si fa, comprese le assunzioni. Il frutto dell’operazione è un centinaio di voti, Zanda viene eletto. Tutti gli operai assunti vengono indicati da Tuveri «perché vi dico una cosa, se non mi assumete quel personale entro due-tre giorni, il lavoro non lo fate più, né te né Luca Giganti, chiaro? A me mi serve quel lavoro per le elezioni, se non fate quello andate a cagare tutti e due, davanti a me lui eh... vi sto avvisando». Per questo la Procura contesta agli indagati la turbata libertà degli incanti.

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