Un universo arcaico che si apre alle sfide del mondo globalizzato
“In tràmuta”, dal Maestrale il saggio di Sebastiano Mannia Un lavoro prezioso che fa giustizia di molti luoghi comuni
di GIULIO ANGIONI
In tràmuta è il titolo, allusivo a transumanze e a trasformazioni, di un bel libro del giovane ricercatore Sebastiano Mannia, edito da Il Maestrale di Nuoro. Riuscendoci bene Mannia vuole dare conto della pastorizia sarda del Novecento, specie con gli ultimi sessant'anni, dopo attenta rassegna degli studi su di essa da parte di vari specialismi. Il sottotitolo, Antropologia del pastoralismo in Sardegna, ne dice il punto di vista specialistico, già di per sé totalizzante. Il suo grande oggetto è il recente mutamento in quanto esperienza storico-culturale epocale in Sardegna. In ciò Mannia usa anche alcune istanze teorico-metodologiche della letteratura antropologica sul pastoralismo africano e mediorientale, la più esperta e aggiornata, centrando temi come quello del ruolo della politica e delle dinamiche economiche per l'analisi dei fatti culturali nella loro complessa totalità, come richiesto dal pastoralismo dal pastorale sardo.
Conservazione. Anche chi si rifà ai miti tenaci della conservazione e della resistenza costante qui deve fare i conti col fatto che la Sardegna è cambiata e sta cambiando senza ritardo rispetto al mondo detto occidentale. E deve notare che il mutamento riguarda anche la Sardegna più interna, la "vera Sardegna", quella pastorale. E concludere che se mai la conservazione e il ritardo culturale sono stati in altri tempi caratteristiche dei sardi, come conseguenza della geografia quanto o più che della storia, non è più così, soprattutto negli ultimi decenni del millennio scorso e nel nuovo millennio. Ma le zone interne montane continuano anche a essere soprattutto pastorali. È anzi un aspetto della loro mutazione che sono diventate sempre più pastorali, dedite alla monocultura ovina, sempre meno brada e più stanziale e stabulante. In particolare, nel caso della montagna e della sua antica pastorizia ovina, si tratta di una tendenza che è venuta realizzandosi massicciamente da un secolo a questa parte, cioè a partire dalla produzione in Sardegna del pecorino romano, che verso la fine dell'Ottocento entra nel mercato mondiale.
Tenaci continuità. Nel cuore antico di questa tradizione operativa, Mannia nota tenaci continuità, ma soprattutto drastiche innovazioni, mostrando tra l'altro come e quanto sono in corso imprese di riduzione della vecchia pastorizia brada alla stanzialità stabulante, con la produzione di foraggi coltivati e l'acquisto di mangimi, investendo proventi della vendita del latte (e secondariamente, oggi, della carne e della lana). Dunque è cambiata soprattutto in seguito all'industrializzazione della casificazione, soprattutto del pecorino rimano, e anche perché è aumentato il patrimonio ovino per una più ampia disponibilità di pascoli all'antica e di foraggi coltivati. Gli ovini però non sono aumentati tenendosi in armonia con la disponibilità di pascoli e la produzione di foraggi. Il problema di sempre, cioè la fame di pascoli, si riproduce in forme analoghe nelle condizioni attuali del sistema agropastorale sardo, pronto anche a invadere zone del continente italiano. Finita l'antica transumanza, sa tràmuta, un modo ancora importante di risolvere il problema della fame di pascoli è quello antico dell’espansione, per cui si dice che ci sono più fonnesi e desulesi nel Sulcis che a Fonni e a Desulo, oltre che sul Continente.
Spopolamento. Anche per questo tanti paesi della Sardegna interna oggi sono sull'orlo di un precipizio demografico. Sappiamo che di regola le società agropastorali hanno avuto e hanno tassi di natalità elevati, perché questo permette di incrementare agricoltura e allevamento. Nelle nostre società (oggi postindustriali e sempre più urbane anche in Sardegna) i vantaggi dell'allevare meno figli ma più costosi sono superiori ai vantaggi dell'allevarne molti ma meno costosi e presto produttivi. Ci sono altri motivi, ma sono anche i mutamenti negli oneri dell'allevare figli, connessi col mutare dei modi della produzione, che spiegano i mutamenti nei modi della riproduzione anche in Sardegna. Nei paesi sardi agropastorali i bambini non sono più "produttivi", e sono più "costosi" di un tempo. Anche la terziarizzazione in forme postmoderne è sopraggiunta a produrre spopolamento. Il senso comune dei vecchi e dei giovani deprezza ancora troppo i mestieri rurali, sebbene, come fa notare Mannia, ci siano alcune novità importanti, ma per molti l'istruzione è ancora un modo per lasciare la campagna, dove agricoltura e allevamento spesso non sono ancora del tutto al passo con i tempi, e i vecchi prodotti agropastorali restano ancora deprezzati o fuori mercato, a meno di inventarsi nicchie locali per prodotti nuovi o tradizionali d'eccellenza, o a meno che non esistano tradizioni industriali e mercantili come quella ormai secolare del pecorino romano fatto qui e venduto in America quasi all’insaputa dei sardi. Quest'ultimo, spesso non detto ma sempre sullo sfondo, è uno di quei fatti che secondo Mannia fanno capire molte delle cose agropastorali sarde nell'ultimo secolo e certo anche nei decenni avvenire, nel bene e nel male, come sempre.
Nuovi orizzonti. Il lettore sardo, anche non specialista ma curioso o preoccupato di cose agropastorali, specie se addetto ai lavori anche indotti dalle attività pastorali, trova qui un'analisi approfondita delle trasformazioni del settore e in particolare delle conseguenze del passaggio dai saperi tradizionali e ipotecnologici del passato ai saperi ipertecnici di oggi, con focalizzazioni non cronachistiche su fenomeni come la questione del prezzo del latte, il modo medico-economico-politico di fare i conti con vecchi e nuovi guai quali il morbo della lingua blu, l'impiego dei romeni e di altri immigrati negli ovili sardi dopo l'estinzione della figura del servo-pastore salariato e più o meno a compartecipazione e diversi altri temi recenti o da sempre in Sardegna di pubblico dominio, non ultima la "novità" del Movimento Pastori Sardi, che ha portato all'attenzione dell'Europea comunitaria la crisi e i problemi di questi ultimi anni.
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