La Nuova Sardegna

Sulle proposte il consenso dei proprietari

di Alessandro Pirina
Sulle proposte il consenso dei proprietari

Da Santa Teresa a Porto Rotondo, c’è l’intesa sulle richieste avanzate dal sindacato dei locali

11 agosto 2015
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OLBIA. Tutti concordi sul Daspo ai clienti pericolosi, violenti, sullo stop a chi trasforma la discoteca in un ring, ma sul divieto di ingresso ai minori non tutti sono d’accordo. Anzi. Per Armando Soro, titolare dell’Estasi’s di Santa Teresa e un passato da leader provinciale del sindacato dei gestori, chiudere i locali a chi non ha ancora compiuto i 18 anni equivarrebbe a negargli il divertimento. «Non mi sembra giusto – dice –. Come si fa a dire a un ragazzino che non può entrare in una discoteca? Non credo sia con i divieti che si ottengono i risultati, non è limitando la loro libertà che si possono debellare fenomeni negativi come il consumo di droghe o di alcol. I giovani vanno educati e non puniti». Più aperto a un’ipotesi di stop agli under 18 è Alessio Fedeli, gestore dello Smaila’s club di Porto Rotondo. «Non mi sembra un’idea sbagliata, oggi il minorenne è ingestibile – racconta –. Purtroppo abbiamo a che fare con un esercito di ragazzini ineducati. Qualcuno magari è capace anche di chiedere scusa, ma la maggior parte dall’insulto passa alle minacce».

Sul Daspo, invece, i due gestori fanno convergere le loro opinioni. «Evitare che entri nel locale chi crea problemi mi sembra una cosa sacrosanta – dice Soro –. Rispetto al passato ci sono meno risse, ma forse anche perché ci sono meno persone nelle discoteche, che oggi soffrono della forte concorrenza di feste abusive». «Il Daspo è un’ottima idea, ma è più o meno quello che già facciamo ogni sera – aggiunge Fedeli –. Se uno fa casino non entra e se è recidivo ancora meno. Di più non si può fare, anche perché la sicurezza oggi ha in parte le mani legate. Io sono contro i giustizieri, ci mancherebbe, in passato ci sono stati troppi eccessi, ma è anche vero che oggi il bodyguard non sa come comportarsi perché capita di trovarsi davanti un cliente che dall’ingiuria passa subito alla minaccia di una denuncia. Non è per nulla facile».

Su questo punto, però, Soro è irremovibile. «La sicurezza va bene così com’è, è impensabile chiedere ai bodyguard di andare oltre quelle che sono le loro mansioni. A noi spetta il compito di dare divertimento e di vigilare. Punto. Anche se ormai è tutto in salita, perché il puro divertimento si è un po’ perso. Ma non è chiudendo le discoteche che aggiustiamo le cose». «Facile scaricare i problemi giovanili sui locali – sostiene anche Fedeli, romano, ma da ormai 15 anni a Olbia –. Le discoteche sono più controllate delle spiagge, delle feste in casa. Lì è più facile ubriacarsi, prendere droghe. Se poi succede in discoteca sta a noi reprimere questo modo di comportarsi, ma non è la chiusura dei locali che ferma il consumo di droga o di alcol. Se uno si vuole sfondare lo fa a prescindere dal luogo in cui si trova».

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