I consiglieri: rischi da rimuovere
Ecco i perché del dissenso. Contrarietà manifestate dalla giunta fin da novembre
SASSARI. Una pagina politica già scritta, quella di ieri. Se la giunta Pigliaru aveva parlato fin da novembre d’intese con le altre Regioni per rimuovere il pericolo-trivelle, l’ultimo dibattito in aula prima del voto ha chiarito tutti i perché del dissenso. L’esecutivo era partito dall’esigenza di tutelare autonomia e territorio e difendere la competenza primaria della Regione sulla vigilanza contro questo e altri rischi, come l’impatto dell’edilizia e la diffusione degli inceneritori. Ieri il Consiglio ha evidenziato i timori schierandosi apertamente contro la possibilità di lasciare campo libero alle società che vogliono sfruttare gli idrocarburi. «Il 30 settembre – ha annunciato ieri il presidente Gianfranco Ganau commentando il via libera - depositeremo i quesiti referendari nell'Ufficio centrale della Cassazione insieme con le altre Regioni . La nostra idea è quella di riaprire un confronto e una trattativa per una rivisitazione di norme che di fatto andrebbero ad accentrare a livello statale scelte proprie delle comunità regionali». Nelle ore precedenti, prima del voto, molti i commenti in aula. Dopo che Pietro Cocco (Pd) ha spiegato come «in Sardegna le trivellazioni in mare potrebbero essere autorizzate solo dallo Stato», Forza Italia, con Pietro Pittalis, ha comunicato di voler aggiungere la firma del suo gruppo alla proposta. E il consigliere di Fi Stefano Tunis ha messo l’accento sul fatto che sarebbe stato sbagliato sottrarsi alla discussione. Mentre il dem Salvatore Demontis (Pd) ha parlato dell’esigenza di un «confronto autentico con lo Stato: sotto questo profilo il referendum consente una dialettica reale evitando di percorrere la strada dei ricorsi». In conclusione, ha detto Demontis, «è auspicabile che al voto popolare non si arrivi ma che la legge nazionale sia modificata prima in alcuni punti». Francesco Agus (Sel) ha invece sostenuto: «Ogni scelta strategica non può essere presa sopra la testa dei sardi e dello stesso Consiglio, che deve tornare a essere protagonista». Oscar Cherchi (Fi): «In questo momento il referendum è una leva che va utilizzata anche come strumento di pressione politica, fermo restando che la chiarezza sull’azione amministrativa non può avere alternative». Secondo Augusto Cherchi (Sdl) sarebbe opportuno che la giunta affidasse a un ente terzo «il compito di predisporre uno studio per accertare l’effettiva presenza di risorse energetiche nel sottosuolo della Sardegna» e, nel frattempo, disponesse «una moratoria fino al risultato delle indagini scientifiche». Marco Tedde (Fi) ha parlato di “confusione e poca chiarezza” tra i banchi della maggioranza: «C’è chi ha ritenuto che non fosse necessario impugnare lo Sblocca-Italia e chi ha invocato un atteggiamento più deciso della Regione nei confronti del governo». «Ma se le norme dello Sblocca-Italia non si applicano alle Regioni a statto speciale – ha chiesto – perché ci accodiamo all’ iniziativa referendaria?».