Emigrazione, 6600 in fuga
L’emorragia negli ultimi 5 anni, il 40 per cento non torna più
CAGLIARI. La grande fuga è spesso senza ritorno. Negli ultimi cinque anni 6600 sardi hanno lasciato l’isola, preferendo mete come Regno Unito, Germania e Spagna. Di questi, solo poco più del 20 per cento dichiara di voler tornare in Sardegna, mentre oltre il 40 per cento intende trattenersi dove si è trasferito e il rimanente pensa di recarsi ancora in un altro Paese. Tra chi parte, tanti sono i giovani: dopo avere cercato un’occupazione inutilmente a casa propria, decidono di fare i bagagli e andare lontano.
È quanto emerge da un’indagine curata dal Cedise (Centro europeo diffusione informazione Sardegna estero) – presentata nei giorni scorsi dalle curatrici, Silvia Aru, assegnista di ricerca all’Università di Cagliari con la legge regionale, e Francesca Mazzuzzi, vice presidente del Cedise e dottoranda in Storia moderna e contemporanea nell’Ateneo del capoluogo - che rappresenta la prima iniziativa di un percorso di studio e di ricerca volto a mettere in luce gli aspetti della mobilità dei sardi, soprattutto delle giovani generazioni, in questo scorcio di millennio. Il tema è stato oggetto dell’incontro annuale dell’Association of European Migration Institutions, il 24 e il 25 settembre a Torino per l’organizzazione di Globus et Locus e il Centro Altre Italie.
L’indagine, che rappresenta la prima tappa di una più vasta ricerca in corso di svolgimento sull’universo migratorio sardo, si è basata sulla compilazione di un questionario online rivolto ai sardi sparsi in tutto il mondo, in Italia e all’estero, integrato dalla raccolta di storie di vita e da altri dati emersi grazie alla collaborazione di circoli e di federazioni di sardi. Dall’elaborazione di 154 questionari è emerso un campione con un livello di istruzione medio-alto, circa un terzo del quale risiede in una regione italiana del centro-nord, mentre la maggior parte si trova all’estero.
Le principali mete estere scelte sono il Regno Unito, la Germania e la Spagna. Oltre la metà del campione ha avuto precedenti esperienze di studio o lavoro fuori dalla Sardegna, che tuttavia hanno arrecato un generale miglioramento economico alla propria condizione di vita, rivelando anche una minore precarietà lavorativa e una crescita del reddito annuo percepito.
Famiglia, amici e il legame con l’isola sono i principali motivi per cui si decide di rientrare, ma la mancanza di opportunità lavorative adeguate alle proprie competenze continuano ad essere, per molti, un freno al rientro definitivo in Sardegna.