La Nuova Sardegna

Prove di unità degli indipendentisti sardi

Un momento del congresso del Psd'Az
Un momento del congresso del Psd'Az

A Oristano si confrontano i leader delle tante anime del movimento e provano a cercare l’accordo

26 ottobre 2015
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ORISTANO. Sarà un percorso difficile e il raggiungimento dell'obiettivo finale, se si considerano i precedenti, non è scontato. Ma tutti, nel mondo diviso e variegato dell'indipendentismo sardo, sono coscienti della necessità di fare un tentativo. Convinto e serio come mai in passato. Perché come mai in passato nell’isola soffia un vento nuovo. Non è forte e impetuoso come quello che ha spazzato la Catalogna o portato la Scozia a un risultato epocale, ma è brillante e teso come il maestrale. Sabato sera, al campeggio Spinnaker di Torregrande, questa esigenza, questa voglia di trovare i punti di contatto tra le particelle che sino a oggi si sono spesso combattute, pur appartenendo allo stesso universo, è apparsa in modo netto.

Il dibattito organizzato da ProgReS, nell'ambito della consueta scuola di formazione politica, ha messo attorno a un ideale tavolo i leader di partiti e movimenti. Certo, le tensioni sono sempre forti, soprattutto tra coloro che hanno scelta di collaborare con i partiti “italiani” (entrando a fare parte della Giunta Pigliaru), e tutti gli altri. E così tra Gianfranco Sollai (Gentes) e Franciscu Sedda (Partito dei sardi) lo scontro è stato durissimo: «Se ci dobbiamo accontentare delle briciole, vanno bene anche gli accordi con i partiti italiani. Ma io non voglio accontentarmi delle briciole», ha detto Sollai. «Non si costruisce l'unità sul disprezzo per gli altri», ha ribattuto Sedda. E così Simone Maulu (Irs) ha dovuto ancora una volta difendere la scelta del suo partito e ricordare che questa scelta è costata a lui e ai suoi compagni attacchi e insulti: «Come ci si può insultare e poi chiederci di collaborare insieme?».

Il percorso verso l'indipendentismo, caro a tutti i leader presenti al dibattito di Torregrande (a parte Antonio Muscas di Comunidades che si è dichiarato esplicitamente non indipendentista) è ostacolato anche da questo genere di divisioni: rancori nati in tempi recenti, per scelte strategiche opposte, ma anche in tempi meno recenti, per una storia costellata da scissioni e divisioni dolorose e clamorose.

Come uscirne? C'è chi ha auspicato un passo indietro come Simone Frau (Fronte indipendentista unidu), che ha anche sottolineato la necessità di lavorare da subito per un'intesa politica dell'area indipendentista: «Farlo sei mesi prima delle elezioni – ha aggiunto – non ci renderebbe credibili agli occhi degli elettori».

Bustianu Cumpostu di Sardigna natzione ha elencato alcuni punti sui quali si potrebbe trovare un accordo: «Non è possibile dare vita a un partito unico. Serve un sistema che sia alternativo a quello dominante e non collaborativo. Nessuna opposizione nel sistema, ma opposizione al sistema. No alleanze con i partiti italiani». Problemi di leadership o di primogenitura? Nessuno per Sardigna natzione: «Sardegna possibile può essere la casa comune degli indipendentisti? Per noi va bene».

Gigi Sanna (Movimento zona franca) si è detto «Fiducioso. L'indipendentismo è un fatto ineluttabile». Facendo tesoro degli errori del passato: «Le ultime elezioni sono state un disastro - ha detto Claudia Zuncheddu di Sardigna libera -. Era un treno vincente e lo abbiamo perso».

Giovanni Columbu, segretario uscente del Psd'Az, ha detto di volersi impegnare per «fare in modo che il mio partito converga verso un obiettivo comune». E ha invitato tutti a «guardare le cose che uniscono, piuttosto che le divergenze». Anche perché «da soli possiamo fare poco, convergendo possiamo fare tanto. E a questo non possiamo sottrarci». Anche Columbu ha detto «no al partito unico», ma è certo che «una convergenza ci possa essere».

Gian Luca Collu, segretario regionale di ProgReS ha prima parlato della esigenza di «destrutturare i partiti italiani», ma ha anche rammentato che la battagli per l'indipendentismo deve partire dalla base: «In Catalogna si è arrivati al referendum avendo il 90 per cento delle municipalità governate da forze indipendentiste». Un obiettivo dal quale gli indipendentisti sardi sono ben lontani.

Serve collaborazione: «Noi una proposta d'accordo l'abbiamo avanzata. Mettiamo poche regole, certe, da cui partire per cercare un accordo tra di noi». Con tante difficoltà il cammino dell'indipendentismo sardo potrebbe ripartire da basi nuove. Il momento è propizio e tutti lo sanno bene. (r.pe.)

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