La Nuova Sardegna

Da Leoluca Bagarella al cugino di Sandokan: 90 superboss nell'"incubo" di Bancali

di Gianni Bazzoni
Da Leoluca Bagarella al cugino di Sandokan: 90 superboss nell'"incubo" di Bancali

Reportage dell'Espresso sul carcere costruito nelle campagne di Sassari dove in gran segreto sono stati trasferiti decine di big di mafia, camorra e 'ndrangheta. Che adesso protestano per il regime al quale sono sottoposti

06 novembre 2015
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SASSARI. Hanno cominciato a protestare dopo qualche giorno che hanno messo piede in cella, in quella struttura di cemento armato nelle campagne di Bancali, a otto chilometri da Sassari. È stato Leoluca Bagarella, cognato di Totò Riina, il primo a intuire che il nuovo 41bis sarebbe stato terribile, forse peggio anche delle vecchie supercarceri dell’Asinara e di Pianosa che avevano l’aggravante del doppio isolamento.

Quello di Bancali - intitolato a Giovanni Bacchiddu, l’agente di polizia penitenziaria originario di Tissi ucciso nel 1945 mentre cercava di sedare una rivolta scoppiata nella casa di reclusione di Alghero - è attualmente il primo vero carcere pensato e costruito per applicare senza sbavature la legge sui boss detenuti e sottoposti al regime del 41bis.

E’ quanto emerge anche dal reportage del settimale L’Espresso oggi in edicola firmato da Lirio Abbate. Un approfondimento sul nuovo 41 bis applicato ai 90 superboss che si trovano nel carcere di Bancali. Padrini di mafia, ’ndrangheta e camorra trasferiti in segreto nella struttura sassarese per scontare la “condanna delle condanne”. In questi mesi i boss, i peggiori criminali d’Italia, selezionati tra 750 condannati al regime di carcere duro, sono stati portati uno alla volta in Sardegna per essere rinchiusi nel carcere di massima sicurezza.

Tra i tanti nomi spiccano Leoluca Bagarella (cognato di Totò Riina), Giuseppe Piddu Madonia, Filippo Guttadauro (fratello del boss di Bagheria), il camorrista Pasquale Zagaria (detto Bin Laden) e Francesco Schiavone, cugino omonino di Sandokan.

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