La Nuova Sardegna

Cellula di Al Qaeda alla sbarra, il processo entra nel vivo

di Giampiero Cocco
Cellula di Al Qaeda alla sbarra, il processo entra nel vivo

Sassari, prima udienza nel tribunale super blindato: a febbraio trasferimento nel carcere di Bancali Rigettate tutte le istanze, la presidenza del Consiglio dei ministri parte civile contro i presunti jihadisti

18 dicembre 2015
3 MINUTI DI LETTURA





SASSARI. La presidenza del Consiglio, con l’avvocato dello stato Francesco Caput, si è costituita parte civile contro gli 11 presunti terroristi della cellula olbiese di Al Qaeda. L’ambasciata pachistana di Roma segue attraverso le relazioni dei legali il processo intentato in Italia contro i 10 connazionali mentre in patria, assicurano gli avvocati difensori, il gruppo è stato già prosciolto da ogni accusa. Invece a Sassari il gruppo di presunti jihadisti che faceva capo a Sultan Wali Khan, il quarantenne commerciante di Peshawar che avrebbe diretto la cellula italiana di Al Qaeda dalla sua casa di via Spensatello a Olbia, rischia una raffica di ergastoli.

Istanze rigettate. La Corte d’Assise, presieduta da Pietro Fanile, ha rigettato tutte le istanze che puntavano, principalmente, alla nullità degli atti e all’improcedibilità della magistratura italiana (articolo 10 codice penale) a giudicare cittadini stranieri per delitti commessi all’estero. Il processo si è formalmente aperto e subito rinviato al 16 gennaio, quando nel tribunale superblindato (il processo, dalle fasi successive, proseguirà in un’aula in via di allestimento all’interno del carcere di Bancali) verranno conferite le perizie tecniche per lo sbobinamento di migliaia di ore di intercettazioni telefoniche e ambientali, affidandole a traduttori di lingua urdu e pashtun, gli idiomi parlati dagli undici presunti terroristi islamici. I quali, ieri mattina, hanno chiesto d’essere assistiti da un interprete in lingua madre.

La difesa. Il processo entrerà nel vivo soltanto a febbraio, mentre si profilano sin d’ora i punti sui quali il collegio difensivo fronteggerà le argomentazioni della pubblica accusa, rappresentata in aula dal sostituto procuratore della direzione antiterrorismo di Cagliari Danilo Tronci. «Faremo dire in aula agli agenti dell’Interpol citati come testi che nessuno degli arrestati è stato indagato in patria, nonostante le pesantissime accuse di strage di cittadini e di attacchi alle istituzioni politico-militari del Pakistan», ha spiegato ieri l’avvocato Omar Hegazi, che assiste, con il collega Fulvio Vitalia l’imam di Bergamo Hafiz Muhammad Zulkifal, il quale si è presentato in aula con una fluente barba rosso arancio, un colore che nella simbologia dell’ Islam significa vita e immortalità . Sarebbe questo il motivo per il quale lo Stato islamico non si è costituito parte civile nei confronti dei connazionali finiti in cella in Italia. «Questo è un processo politico e mediatico – hanno detto gli avvocati Carlo Corbucci (che assiste il presunto capo cellula Sultan Wali Khan, Imitias Khan e Yhaha Khan) e la collega Anna Barone, che difende Siddique Muhammad, il cassiere dell’organizzazione – basato su una lunga serie di equivoche intercettazioni che partono dal lontano 2005, quando una prima inchiesta venne aperta e poi archiviata perché nulla venne scoperto contro l’attuale gruppo di imputati.

Le accuse. I componenti della presunta cellula sono accusati, in concorso tra loro, d’aver organizzato stragi di innocenti in Italia mettendo in atto tali propositi in Pakistan. Ma per fare questo – ha detto svelando solo in parte la strategia difensiva il penalista Carlo Corbucci – è necessario avere prove che gli attentati sono stati programmati prima d’essere compiuti, e non ricostruiti a posteriori, con intercettazioni avvenute dopo l’esplosione nel mercato di Peshawar, nell’ottobre 2009. Ovvio che il gruppo parli, e vedremo come e in quali circostanze, di un terrificante evento che era verificato nella città natale di alcuni di loro. La sfortuna di questo gruppo di presunti terroristi – ha concluso l’avvocato Carlo Corbucci – è che sono capitati sotto i riflettori mediatici dopo i fatti di Parigi». Sultan Wali Khan, che sino all’aprile scorso gestiva diverse attività (kebaberie a Sassari e Alghero e negozi a Olbia) non ha perso una virgola di quanto accadeva in aula, rivolgendo lo sguardo soltanto alla moglie e all’ultimo nato dei suoi sei figli.

©RIPRODUZIONE RISERVATA

La classifica

Parlamentari “assenteisti”, nella top 15 ci sono i sardi Meloni, Licheri e Cappellacci

di Salvatore Santoni
Le nostre iniziative