La Nuova Sardegna

Il caso Varacalli approda in Parlamento

Il caso Varacalli approda in Parlamento

Omicidio Corona, interrogazione al ministro sul pentito che ha seminato indizi falsi contro i Baldussu

20 gennaio 2016
2 MINUTI DI LETTURA





CAGLIARI. A quale titolo è stato richiesto al pentito di n’drangheta Rocco Varacalli un contributo all’attività istruttoria e investigativa nell’inchiesta sull’omicidio di Alberto Corona a Serdiana. avvenuto il 24 febbraio del 2009? A chiederlo al ministro della Giustizia sono i due parlamentari Daniele Capezzone e Gianfranco Chiarelli con un’interrogazione a risposta immediata in commissione giustizia. Il Guardasigilli dovrebbe rispondere già domani, comunque a brevissima scadenza.

L’iniziativa dei due parlamentari è stata sollecitata dall’ex deputato e membro del Csm Mauro Mellini e da Francesco Baldussu, il pastore ventiseienne di Dolianova che ha passato quasi due anni tra carcere e arresti domiciliari accusato - e poi assolto definitivamente - del delitto commesso proprio dal collaboratore di giustizia originario della Locride, condannato a 24 anni e mezzo e pluripregiudicato per altri reati gravissimi. Il giovane, malgrado la lunga detenzione da innocente, non ha ancora ricevuto alcun risarcimento dallo Stato e ha lanciato un appello con una lettera inviata nei giorni scorsi al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella.

Varacalli è rimasto libero anche dopo la condanna in primo grado incassata ad aprile dell’anno scorso, l’ultima di una lunga serie. Chiarelli e Capezzone chiedono infatti al ministro Orlando «se Varacalli sia ancora sotto programma di protezione, se percepisca tuttora un’indennità a carico dello Stato, se tuttora l’affitto della sua casa in Sardegna sia pagato con denaro pubblico e se il ministero conosca i motivi per i quali sia a piede libero».

C’è poi un altro aspetto sul quale andrebbe fatta luce, un aspetto sul quale Francesco Baldussu ha insistito nella lettera al Quirinale: nel mese e mezzo in cui ha indagato sull’omicidio per incarico della Procura di Cagliari, Varacalli ha seminato prove false contro Baldussu e il padre, nel tentativo di allontanare qualsiasi sospetto da se stesso e dare alla giustizia un colpevole. A scriverlo è il giudice Giorgio Cannas nella sentenza con cui la Corte d’Assise ha condannato il pentito. Eppure in nessuna fase del procedimento è stata contestata a Varacalli l’accusa di calunnia reale, che pure sembra emergere chiaramente dalle carte processuali. Non è un dettaglio insignificante: con una condanna per calunnia la posizione di pentito guadagnata da Varacalli nell’inchiesta Minotauro a Torino cotro le n’drine piemontesi - dov’era teste principale dell’accusa - si sarebbe indebolita in modo decisivo. Ma salvarlo da un’ulteriore contestazione è costata a Baldussu la possibilità di citarlo a giudizio per i danni che gli ha arrecato orientando gli investigatori su di lui. Sono quasi due anni di carcere, per i quali finora nessuno ha pagato. (m.l)

Incarichi vacanti

Sanità nel baratro: nell’isola mancano 544 medici di famiglia

di Claudio Zoccheddu
Le nostre iniziative