La Nuova Sardegna

Libia, una testimone racconta: «Ho visto uccidere Fausto Piano»

Fausto Piano in Libia
Fausto Piano in Libia

La donna musulmana sostiene di avere assistito all’omicidio dei due tecnici. Il resoconto viene valutato con cautela perché ci sarebbero versioni contrastanti

14 marzo 2016
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CAGLIARI. Una donna musulmana di 34 anni potrebbe essere stata testimone dell’uccisione di Fausto Piano e di Salvatore Failla nei. Il suo racconto in arabo viene riportato in un video dove la donna appare non riconoscibile e con la voce contraffatta.

Nel riferire di questa vicenda è necessario parlare al condizionale perché del racconto di questa donna, che di sè dice di essere laureata in legge, ci sono due versioni, combacianti su alcune circostanze ma divergenti su una fondamentale: per mano di quale gruppo sarebbero morti i due tecnici della Bonatti che, ricordiamolo, furono rapiti il 20 luglio 2015 assieme ai colleghi Filippo Calcagno e Gino Pollicardo nel tragitto tra l’aeroporto e la località di Mellitah dove ha sede l’impianto Eni per il quale la Bonatti lavora.

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Dunque la donna, Wahida Bin Moktar Bin Ali, nel video racconterebbe che i due tecnici sarebbero morti in un bombardamento sul campo gestito da militanti dell’Is tunisino messo a segno dagli «americani». In un’altra versione del racconto invece lei avrebbe proprio visto i due uomini italiani che scendevano dalla jeep per mangiare durante il trasferimento da un campo a un’altra località nel Sahara e sarebbero stati uccisi in un improvviso assalto da parte di «miliziani tripolini».

L’assalto sarebbe avvenuto durante il trasferimento deciso dal gruppo jihadista di cui era leader un certo Haftar, il quale all’inizio voleva portare con sé i quattro italiani e poi invece ha desistito. Nelle diverse versioni del racconto della donna due particolari sono identici: uno è il fatto che gli italiani prima erano insieme e poi si è deciso di portarne via solo due anche se Haftar avrebbe voluto trasferirli tutti; l’altro è che, con i due italiani ormai al seguito della carovana in trasferimento, c’era una borsa piena di soldi. Il bombardamento della Nato torna anche nella versione dell’uccisione da parte dei miliziani tripolini: il bombardamento è quello del 19 febbraio e nella seconda versione sarebbe stato la causa della guerriglia scoppiata tra i miliziani e la colonna tunisima jihadista. Quando sono arrivati i ribelli, durante il trasferimento qualcuno sulle jeep avrebbe invitato i ribelli a fermarsi per trattare perché «abbiamo gli italiani».

Wahida spiega che il trasferimento in cui sono morti i due tecnici avviene dopo il bombardamentodel 19 febbraio e che lei era andata in un edificio dove erano tenuti i quattro ostaggi italiani. Uno degli argomenti da approfondire è anche una circostanza citata da Wahida in una delle versioni del racconto: Wahida cita infatti una visita nell’abitazione di un uomo del posto che avrebbe vissuto nel benessere «perché - come ha spiegato la moglie a Wahida - lui lavorava con gli italiani».

In questi giorni si è parlato spesso di una talpa nell’area di Mellitah che avrebbe fatto la spia sulle modalità di trasferimento dei tecnici dall’aeroporto verso lo stabilimento Eni.

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