La Nuova Sardegna

Nel golfo di Olbia si moltiplicano quindici specie aliene

di Serena Lullia
Caulerpa racemosa
Caulerpa racemosa

Alcune sono state importate, come la vongola delle Filippine. Altre sono arrivate clandestinamente con le navi mercantili

23 marzo 2016
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OLBIA. Gli alieni vivono a mollo nel mare. Aggrappati alle cozze, sospesi nell’acqua, saldamente ancorati sui fondali. Il golfo di Olbia fa dell’accoglienza alle specie straniere una delle sue caratteristiche. Sono 15 gli organismi arrivati da lontano che hanno preso casa nel mare davanti alla città. 182 in tutta Italia. Alcuni sono stati invitati a vivere nella costa gallurese. Come la vongola delle Filippine, importata per l’acquacoltura. Altri arrivano da clandestini, spesso dai mari tropicali, sfruttando il passaggio delle acque di zavorra delle navi mercantili. Tra gli alieni ci sono la caulerpa taxifolia, oggi in fase di regressione o la caulerpa racemosa, alghe invasive che portano avanti la loro battaglia in profondità per la superiorità della specie.

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Gli studi internazionali. Il tema delle specie aliene è stato al centro di un workshop internazionale ospitato dall’Area marina protetta di Tavolara. L’Amp, sempre più proiettata in una dimensione internazionale, ha ospitato le riunioni annuali di due gruppi di lavoro dell’International council of the exploration of the sea (Ices). L’ organizzazione mondiale realizza ricerche e studi scientifici per individuare un uso sostenibile di mari e oceani. I due gruppi di scienziati hanno approfondito due temi: l’introduzione delle specie aliene nel Mediterraneo e i vettori attraverso cui arrivano nei nostri mari, in particolare le acque di zavorra. Al workshop hanno partecipato quaranta ricercatori di diversi paesi europei, tra cui Francia, Grecia, Germania, Finlandia, ma anche Australia, Russia e Stati Uniti.

La quota italiana. Al workshop hanno preso parte anche degli scienziati italiani tra cui Anna Occhipinti, dell’ università di Pavia, che dal 2000 partecipa ai due gruppi di lavoro in rappresentanza della Sibm, la società italiana di biologia marina. Occhipinti si fa portatrice di tutte le ricerche italiane nel settore. Con lei anche Erika Magaletti dell’ Ispra di Roma, organo tecnico del ministero dell’Ambiente.

Assalto alla biodiversità. Contrariamente a un pensiero comune non è l’inquinamento il primo fattore di rischio per la biodiversità tra le onde. Ma l’invasione delle specie aliene. «Per fortuna in Italia fino a oggi on ci sono state conseguenze preoccupanti – dichiara Erika Magaletti, dell’Ispra –. Diventa però fondamentale prevenire l’arrivo di queste specie, perché una volta arrivate nei nostri mari è impossibile intervenire».

L’acquacoltura. Molti alieni del mare sono stati invitati a venire nel nostro mare. «Come l’ostrica Giapponese, introdotta prima in Francia e poi in Italia o la vongola delle Filippine, coltivata anche nel golfo di Olbia – spiega Anna Occhipinti –. Specie hanno portato con loro altri organismi, piccoli crostacei, che per fortuna non hanno avuto conseguenze. Ma mentre prima l’introduzione delle specie aliene con l’acquacoltura avveniva con leggerezza, oggi esiste una normativa che detta le regole per i trasferimenti. Si deve dimostrare prima di tutto che non siano dannose».

Le acque di zavorra. Uno dei due gruppi di studio internazionali concentra le ricerche sulle acque di zavorra, passaggio clandestino per molti organismi. «Le navi hanno grosse cisterne che servono per garantire la stabilità delle navi in navigazione, sia delle merci – spiega Magaletti –. Parliamo di volumi di acqua ingenti che vengono caricati o scaricati nei porti. Molti organismi si imbarcano proprio con le acque di zavorra e riescono a sopravvivere anche in condizioni estreme. A livello globale ci sono gravi conseguenze. Si parla di colera lunghe le coste del Perù arrivato dal Bangladesh, il collasso della pesca locale nel Mar Nero. In Italia per fortuna non viviamo queste emergenze».

La prevenzione. Il futuro per contenere l’assalto degli alieni del mare è la prevenzione. Attraverso lo scambio delle acque di zavorra al largo e l’introduzione di leggi severe. «C’è una convenzione internazionale in attesa di essere ratificata da almeno 35 paesi – conclude l’esperta dell’Ispra –, ormai siamo a un passo. Una volta operativa, obbligherà tutte le navi a dotarsi di sistemi che uccidono gli organismi con sostanze attive».

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