La Nuova Sardegna

Bonorva, candidato sindaco choc: forni crematori, canti nazisti e saluti romani

di Luigi Soriga
Antonello Zanza e alcuni suoi post su Facebook
Antonello Zanza e alcuni suoi post su Facebook

Sulla sua pagina Facebook Antonello Zanza inneggia alle Ss e al duce e fa battute sull’Olocausto. L’autodifesa: «Fascista? No, amo patria e bandiera. E di quei post non mi scuso, sono solo goliardia»

18 maggio 2016
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BONORVA. Domanda telefonica a bruciapelo: «Antonello Zanza, lei è fascista?». Risposta repentina: «Assolutamente no». Però nel suo profilo Facebook nel dicembre del 2015 scriveva: «Oggi ho ricevuto alcuni tra i miei complimenti più apprezzati… mi hanno dato del Fascista». Allora ci pensa meglio, dice: «La vita reale è una cosa, il cazzeggio sui social un’altra. Io sono autonomista, sto al fianco di Mauro Pili. Io sono tante cose. Sono un medico stimato del 118, sono uno che ama la famiglia, cristiano e cattolico, che onora la bandiera e la patria. Se questi valori significano essere fascista, allora chiamatemi pure così». Ora è consigliere comunale di opposizione ma anche candidato a sindaco con la lista civica Paris per Bonorva. Sindaco lo è già stato, dal 2001 al 2006.

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I post “estremi”. Antonello Zanza è uno schietto, ha la battuta pronta, sa fare politica. Che sia un convinto uomo di destra in paese lo sanno tutti, ma il suo profilo Facebook, tra una “cazzeggiata e l’altra”, restituisce l’immagine di un granitico nostalgico, o «camerata», come ama definirsi lui stesso. «È ufficiale… barra tutta a destra… il comitato familiare ha deciso… posologia: saluto romano 3 volte die, saluto al duce a piacere, busto obbligatorio in tutte le stanze», recita un post del 2010. E nel settembre 2011 scherza così: «Mio figlio ha dichiarato pubblicamente di essere fascista… l'ho cazziato severamente… si era dimenticato di accompagnare la dichiarazione con un saluto romano». E se su queste battute si potrebbe già storcere il naso, è su altre spiritosaggini che si resta basiti e cadono le braccia: «Per gli ebrei ho un forno artigianale. Quella domenica … a pranzo agnelli e porcetti cotti qui, lo stesso forno». E ancora: «Il costo per lo Stato è minimo… fornetti crematori monouso della ditta riassorbiamoli». E infine, rivolgendosi all’amico: «Ecco bravo… capisci perché sono nati i campi di sterminio… per sostituire i campi coltivati a merda».

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Pubblica selfie col saluto fascista, o foto di gruppo con la mano tesa. Condivide l’inno nazionale delle SS italiane, oppure Faccetta Nera. E sulla scrivania del suo studio non può mancare il fermacarte col volto bronzeo del Duce. Tutto questo dettagliato dossier, dal 2010 al 2016, corredato di screenshot con testi, immagini e date, è stato raccolto e pubblicato dal sito www.osservatoriorepressione.info.

«È tutto uno scherzo». Zanza non si scompone e la mette così: «Le foto col saluto romano sono fatte ad un matrimonio. Si scherzava: di fronte a noi c’era un gruppetto di amici con il pugno alzato. La battuta sui forni crematori è estrapolata da un discorso più ampio, dove si faceva riferimento a diversi genocidi della storia, che per me non hanno colore: dalla strage degli Armeni, alle purghe Staliniane dalla Shoah alle foibe. E abbiamo ricordato anche l'eccidio di Sabra e Chatila con gli ebrei protagonisti di un massacro di inermi palestinesi». «Vogliono screditarmi». Domanda secca: «Lei fa apologia del Fascismo?». Risposta: «Il polverone sollevato ad arte, stranamente durante la campagna elettorale, è atto a screditarmi per alcune mie affermazioni ed esternazioni goliardiche. I miei amici conoscono bene il mio carattere istrionico e conviviale, che può anche non piacere ma che è mio e solo mio. Mi conoscono come una persona passionale e disincantata fino al paradosso e alla provocazione. Le accuse di razzismo non mi sfiorano neppure di striscio in una storia personale fatta sempre in prima fila a sostenere gli ultimi, dagli extracomunitari nelle carceri ai poveri diseredati. Non mi risulta di aver subito alcuna condanna o processo per attentato alle istituzioni e conosco bene la costituzione al punto che l'apologetico atteggiamento imputatomi è confinato in cene familiari od incontri con amici».

Niente scuse. Il problema è quando le parole travalicano le quattro mura del bar o evaporano oltre la sottile ebbrezza alcolica dei matrimoni. Capita così che le battute antisemite sfuggano dai polpastrelli e diventino istantantaneamente pubbliche. E non passano inosservate se l’autore è un rappresentante dei cittadini che aspira anche alla carica di sindaco: «Non ho da scusarmi di nulla e rimarrò tutta la vita un inguaribile goliardico. Per me parla la mia storia e la mia famiglia e qualunque cosa succeda non cambierò mai fino alla fine dei miei giorni perseguendo il bene pubblico, la solidarietà e sussidiarietà come fatto fino ad oggi. Non mi piego e non intendo abdicare a quello che io posso fare per il mio paese».

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