Foto e polemiche, via l’installazione sull’omosessualità
Le immagini di Egle Picozzi rimosse dalle vie del centro Segnalazione in questura contro l’idea dell’artista
ORISTANO. Due uomini elegantemente vestiti che si tengono per mano, due ragazze con indosso il più classico abito bianco e si guardano felici. “Oggi sposi”, “Oggi spose”: per qualcuno, rimasto ancora anonimo, quelle fotografie a dir poco pudiche, erano invece oscene. Tanto scandalose da dover informare la questura, così sconvolgenti da stracciarle dai pali dei lampioni e dalle grate delle cancellate dove, a tarda sera, la fotografa Egle Picozzi, artista e autrice di quella installazione finita incredibilmente sotto una censura da Controriforma, aveva sistemato con cura. Con quelle fotografie aveva fatto anche dei tappeti, ricoprendo le aiole ai piedi della statua di Eleonora d’Arborea (chissà, se la giudicessa avrebbe approvato tanto zelo perbenista): sparite anche quelle, forse, semplicemente spazzate via dagli operatori ecologici che, come era avvenuto con gli addetti alle pulizie del museo di Bolzano, hanno scambiato per banali cartacce quella che doveva essere invece un’opera d’arte.
È questo il triste epilogo di una performance sui temi dell’omosessualità, che voleva sconfiggere l’intolleranza ma che dall’intolleranza è stata cancellata. «I miei scatti non hanno nulla di osceno, sono invece una testimonianza dei sentimenti che volevo raccontare alla mia città. Mi dispiace di esser stata fraintesa», dice l’artista che con parole serene, racconta di un’esperienza che forse non avrebbe mai pensato di dover vivere. Soprattutto, trovarsi di fronte, mentre è al lavoro nel negozio di famiglia, due agenti in divisa che si informano se sia davvero lei l’autrice di quell’installazione di certo mal digerita da qualcuno. Se n’è fatta una ragione, Egle Picozzi fotografa dal curriculum professionale e intellettuale inattaccabile (con tanto di laurea conseguita a Torino). Non è neppure meravigliata di quanto accaduto. «È nelle cose che ci siano persone che la pensano diversamente – dice – certo, avrei preferito che si lamentassero con me, del resto, quando è stata allestita l’installazione c’ero e c’erano delle persone che mi osservavano. Mai averi immaginato un finale così triste». E aggiunge «Volevo regalare quelle foto alla città dove sono nata, vivo e lavoro: non sono stata compresa, ma poco importa: gli ostacoli si superano».
Non ha ricevuto denunce di sorta, nessun esposto, nulla di nulla: insomma, l’unica conseguenza dell’accaduto è quel senso di amarezza che inevitabilmente nasce quando si ha la conferma di non essere stati compresi. Un’amarezza che Egle Picozzi affronta con forza ed ironia. Ieri ha preso il treno per Cagliari per partecipare al Gay pride, per distribuire ai presenti alcune copie delle foto “censurate”. «Gesto che in realtà non vuol dir nulla – dice – chi partecipa a manifestazioni come il Pride condivide gli ideali di tolleranza, comprensione e condivisione che sono lontani anni luce da chi ha invece distrutto la mia installazione. Spero solo che qualcuna delle foto che sono scomparse finisca dentro un libro, magari un romanzo d’amore. Sarebbe il giusto riscatto».
Nonostante le lamentele e l’eccesso di zelo, la città di Eleonora si è schierata a sostegno dell’artista oristanese e sul sito Change.org è stata aperta una petizione perché, dicono i sostenitori, “vogliamo che venga dato il giusto riconoscimento all'artista e al messaggio che le sue opere volevano trasmettere».