La Nuova Sardegna

Mont’e Prama, riparte lo scavo Archeologi al lavoro nel Sinis

di Claudio Zoccheddu
Mont’e Prama, riparte lo scavo Archeologi al lavoro nel Sinis

La soprintendenza ha firmato il nuovo contratto : al via le ricerche nell’area a nord ovest Il cantiere rimarrà aperto per due mesi ma poi ritorneranno anche gli studiosi delle università

01 luglio 2016
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CABRAS. Il conto alla rovescia è terminato. Dopo una lunga attesa, entro pochissimi giorni, il cantiere archeologico di Mont’e Prama ospiterà nuovamente gli archeologi della Soprintendenza e quelli della cooperativa Archeosistemi di Reggio Emilia.

Dopo una gestazione particolarmente lunga è stato firmato il contratto che permetterà di spendere i ribassi d’asta dell’ultimo appalto, affidato dalla soprintendenza archeologica della Sardegna alla cooperativa emiliana. Niente di trascendentale, sul piatto ci sono appena 40mila euro che permetteranno solo due mesi di lavoro. Poca roba, in realtà, ma la necessità dovrà diventare virtù in modo che i lavori fermi da gennaio possano riprendere al più presto possibile: «Il tempo utile per la società incaricata di effettuare le assunzioni e poi si riparte», ha anticipato il responsabile scientifico degli scavi, Alessandro Usai, della soprintendenza archeologica.

Anche la durata dello scavo è stata confermata proprio ieri: «Questa nuova fase prevede un lavoro di circa due mesi», ha spiegato ancora Usai. Terminato questo intervento, a Mont’e Prama dovrebbero tornare anche gli archeologi delle università sarde, che sfrutteranno un finanziamento della Fondazione di Sardegna, l’organismo del Banco di Sardegna che finanzia opere o lavori di interesse pubblico e di utilità sociale, con l’obiettivo di promuovere lo sviluppo economico e sociale dell’isola. Con gli archeologi delle università sarde ritorneranno a Mont’e Prama anche i detenuti del carcere di Massama. Il nulla-osta è arrivato dopo un nuovo accordo stipulato con l’istituto penitenziario e annunciato tempo fa dal direttore della casa circondariale della frazione di Oristano, Pierluigi Farci.

Anche la divisione dei lavori non è un mistero ed è stato lo stesso Alessandro Usai a ribadirla: «Indagheremo l’area di Mont’e Prama, a nord ovest, dove c’è un dosso che fa presupporre qualcosa. I colleghi dell’università, invece, indagheranno nella area più a est, dove già si era operato lo scorso anno».

Un piano di lavoro che dovrebbe spegnere le polemiche nate qualche tempo fa, quando la primavera aveva trasformato il sito archeologico del Sinis in una sorta di giungla in cui le erbacce crescevano rigogliose sulle pozze di fango. Un pessimo biglietto da visita per uno scavo che, ormai, tutti gli studiosi considerano il più importante dell’intera area del Mediterraneo e uno dei più interessanti sul panorama archeologico mondiale. Sotto la terra del Sinis, infatti, potrebbero esserci i resti di una civiltà di cui si sa ancora troppo poco e la certezza che la terra dei giganti di pietra ritornerà a essere un luogo di studio e indagine è una notizia che placherà ogni tipo di polemica. Almeno per il momento.

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