La Nuova Sardegna

Siccità, è allarme nell’isola: i bacini sono quasi a secco

di Silvia Sanna
Siccità, è allarme nell’isola: i bacini sono quasi a secco

Dati allarmanti, le scorte ridotte della metà e ogni mese spariscono circa 150 milioni di metri cubi Le terre secche favoriscono la mano degli incendiari e complicano le operazioni di bonifica

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SASSARI. Mai così a secco. L’isola ha sete, i bacini aspettano da un anno la pioggia per rimpinguare le scorte. Gli ultimi dati sono allarmanti e le previsioni meteo annunciano una lunga estate anche a settembre e tempi ancora più duri per le campagne. Che, soprattutto in alcune zone, sono particolarmente aride. La siccità è il tormento di agricoltori e allevatori, obbligati a fare i conti con le restrizioni nell’erogazione. Ma è anche una inconsapevole alleata degli incendiari perché le terre secche rendono più difficili le bonifiche: in più di una occasione i roghi sono ripartiti a distanza di ore, se non di giorni.

La situazione. Le scorte custodite nel sistema degli invasi sfiorano appena il 50 per cento. In attesa di conoscere gli ultimi numeri, si sa che alla data del 31 luglio erano presenti circa 1 miliardi e 41 milioni di metri cubi d’acqua. E mediamente ogni mese il livello cala di circa 150 milioni. Il quadro della situazione è sintetizzato nell’indice 0,28, che in una scala di valori compresa tra 0 e 1 rappresenta il livello di pericolo e di allerta al quale segue quello di emergenza. Dall’allarme generale sono esclude solo tre zone: si tratta del Campidano, area servita dal sistema Tirso-Flumendosa, dell’alto Taloro e della bassa Baronia alimentata dal Cedrino. Qui l’indicatore certifica una situazione di vigilanza, nella quale è consigliabile essere lungimiranti evitando gli sprechi. Va molto peggio nelle altre zone dell’isola che da mesi ormai combattono con una siccità considerata da record: soltanto nel 2003, anno del caldo record, gli esperti dicono che si registrò una situazione simile, che provocò gravi danni al comparto agricolo, pesanti disagi alla popolazione e allora come oggi favorì la mano degli incendiari.

A secco. La situazione più critica e che soprattutto nelle ultime settimane sta alimentando vivaci polemiche, è quello che si vive nella zona di Posada, alimentata dalla diga di Maccheronis: l’indicatore di stato si attesta allo 0,22, sull’orlo dell’emergenza. Al momento nell’invaso è disponibile appena il 33 per cento del volume autorizzato. Poco meglio tra Goceano e Monte Acuto, territori l’inverno scorso colpiti da restrizioni pesantissime per colpa della siccità prolungata. Tra Monte Lerno e Sos Canales l’indicatore segna 0,26, valore più basso rispetto a quello medio regionale. E nel Liscia, che alimenta la Gallura tormentata dagli incendi, la situazione è ormai diventata esplosiva, al punto che la Coldiretti ha chiesto il riconoscimento dello stato di calamità naturale per aiutare il territorio a risollevarsi.

Il confronto. Il 2016 probabilmente sarà ricordato come uno degli anni più difficili sul fronte della siccità. A testimoniare la gravità della situazione è il raffronto con gli anni scorsi. A iniziare dal 2015. Il 31 agosto l’indicatore di stato segnava 0,42, dunque uno stato di vigilanza che faceva però dormire sonni tranquilli in quasi tutta l’isola. Il volume complessivo invasato superava il 63 per cento, le scorte a disposizione ammontavano a circa 1 miliardo e 140 milioni di metri cubi, almeno un centinaio di milioni in più rispetto alla situazione attuale. Anche allora, come oggi, a soffrire per la scarsità d’acqua erano le zone di Posada e dell’Alto Coghinas (Monte Lerno-Sos Canales) dove nonostante il quadro regionale complessivamente rassicurante l’indicatore segnava già lo stato di pericolo.

Le previsioni. Perché non si ripeta una situazione fotocopia rispetto all’autunno-inverno scorso, è necessario che le precipitazioni non si facciano attendere. Altrimenti come un anno fa le restrizioni potrebbero iniziare già tra novembre e dicembre. In una quindicina di paesi l’acqua è stata erogata a singhiozzo sino a marzo sulla base di ordinanze sindacali e anche la stagione irrigua è partita inevitabilmente in ritardo e tra le polemiche. Un incubo che nessuno si augura di rivivere.

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