La Nuova Sardegna

I cantieri quasi immobili un’inutile attesa lunga tre anni

di Enrico Gaviano
I cantieri quasi immobili un’inutile attesa lunga tre anni

Nell’anniversario il viaggio tra le troppe opere da ricostruire rimaste ferme: le promesse a vuoto Il nubifragio non solo ha causato 19 vittime, ma ha devastato case, strade e ponti: ferite ancora aperte

18 novembre 2016
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OLBIA. Quella lunga giornata di tre anni fa non sarà più cancellata dalla memoria. Impossibile non ricordare la pioggia battente, incessante, per tutto il giorno a battere sulle finestre delle case, sui tetti, sulle strade di mezza Sardegna. E la conta dei morti, 19 vittime del passaggio del Ciclone. Vite spezzate che si sarebbero potute salvare. Ed è difficile dimenticare anche perché i segni di quella alluvione sono ancora presenti, nelle ferite aperte, nelle opere ancora da realizzare e chissà quando saranno realizzate. Per ricordare il cataclisma che investì la Sardegna lunedì 18 novembre del 2013 basta arrampicarsi sulla salita di Monte Pinu, e trovare dopo qualche centinaio di metri i cartelli gialli che indicano la strada interrotta e, allungando lo sguardo, vedere la voragine aperta. La strada è un simbolo della burocrazia, della lentezza della politica che non riesce a realizzare un’opera che, è storia di pochi giorni fa comparsa sui social network, in Giappone completerebbero fra annessi e connessi nell’arco di una settimana. E poi c’è il piano di mitigazione del rischio idrogeologico, che tutti i centri colpiti dall’alluvione, per legge, devono realizzare. A Olbia il piano Mancini, varato con grande fatica e che è stato anche finanziato dal governo italiano, è ben lontano dal vedere l’avvio degli interventi programmati. Anche in questo caso la lentezza la fa da padrona, a discapito della sicurezza dei cittadini. Le parole delle autorità giunte in Sardegna il 19 novembre e giorni successivi sembrano beffardi. Arrivarono l’allora premier Enrico Letta, l’allora governatore Ugo Cappellacci, una folla di ministri, deputati, assessori regionali di sinistra e di destra. Tutti con faccia contrita e parole decise: «Faremo il massimo». La Sardegna sta ancora aspettando.

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