sentenza sgradita agli ecologisti
Il Tar reinterpreta la Consulta: «Il Ppr sardo non è intoccabile»
di Mauro Lissia
CAGLIARI. Il piano paesaggistico non è intoccabile, su alcuni aspetti non fondamentali e che non siano in contrasto con leggi di emanazione statale la Regione conserva un margine di autonomia e può...
28 maggio 2017
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CAGLIARI. Il piano paesaggistico non è intoccabile, su alcuni aspetti non fondamentali e che non siano in contrasto con leggi di emanazione statale la Regione conserva un margine di autonomia e può legiferare in deroga alle norme contenute nello strumento di pianificazione. A stabilirlo è il Tar Sardegna, che partendo dal ricorso di un cittadino di Olbia cui il Comune aveva negato il permesso di ampliare secondo il piano casa del 2015 un fabbricato rurale perché in contrasto con la pianificazione regionale, ha riesaminato e interpretato in modo alternativo l’ormai nota sentenza della Corte Costituzionale 189 del 2016 con la quale i giudici delle leggi sembravano aver chiuso la porta davanti a qualsiasi possibilità di revisione del Ppr. Accogliendo il ricorso dell’avvocato Gian Comita Ragnedda presentato a difesa di Francesco De Candia, i giudici amministrativi - presidente Francesco Scano, estensore Giorgio Manca, consigliere Marco Lensi - scrivono che «alla legge regionale deve essere riconosciuto uno spazio di operatività per incidere sulla disciplina pianificatoria in tema di beni paesaggistici». La decisione depositata lo scorso 11 maggio attacca le certezze degli ambientalisti per rimettere in discussione parti del Ppr, da non considerarsi più come un totem inviolabile ma come un testo modificabile su aspetti slegati dall’applicazione di norme dello Stato, come il Codice del paesaggio. In altre parole: resta insuperabile il vincolo sulla fascia dei trecento metri dal mare e molte altre tutele imposte dallo Stato, ritornano in discussione alcuni profili del Ppr, come quelli messi in discussione con l’approvazione del piano casa 2015. Una cosa, per i giudici del Tar, è certa e rappresenta il fulcro di questa clamorosa decisione: «L’inciso della sentenza 189 della Consulta, nel punto in cui esclude che il Ppr sia derogabile in ragione del principio della prevalenza dei piani paesaggistici sugli altri strumenti urbanistici, non sembra possa essere invocato a sostegno dell’intangibilità integrale del Ppr da parte della legge regionale che costituisca esercizio della competenza primaria in materia urbanistica, compresa la tutela del paesaggio». In altre parole: la Corte Costituzionale ha difeso il Ppr sardo ma non l’ha sigillato per l’eternità. Più avanti infatti i giudici amministrativi spiegano che quella stessa sentenza, riletta in termini interpretativi diversi, non vieta che la disciplina del Ppr possa essere modificata dalla Regione «quantomeno nelle parti non oggetto della copertura legislativa statale». Quindi se anche una Regione a statuto speciale deve rispettare le norme statali fondamentali, allo stesso tempo conserva una propria competenza statutaria nella materia “edilizia e urbanistica” che consente margini di manovra, seppure limitati, all’interno dello strumento di pianificazione.
La domanda inevitabile riguarda le conseguenze che questa sentenza - peraltro allineata a un’altra del Consiglio di Stato - potrà produrre sul paesaggio della Sardegna in vista della prossima approvazione della legge urbanistica regionale, che mette a rischio alcuni capisaldi del Ppr. Saranno i giuristi a stabilirlo, ma l’impressione è che i giudici del Tar abbiano aperto spiragli utili a chi vorrebbe superarli.
La domanda inevitabile riguarda le conseguenze che questa sentenza - peraltro allineata a un’altra del Consiglio di Stato - potrà produrre sul paesaggio della Sardegna in vista della prossima approvazione della legge urbanistica regionale, che mette a rischio alcuni capisaldi del Ppr. Saranno i giuristi a stabilirlo, ma l’impressione è che i giudici del Tar abbiano aperto spiragli utili a chi vorrebbe superarli.