Cresce l’allarme povertà a rischio un sardo su tre
Nel confronto tra il 2006 e il 2015 calano il pil pro capite e l’occupazione Preoccupa la fascia degli indigenti in cui ora rientra il 36% della popolazione
25 giugno 2017
2 MINUTI DI LETTURA
SASSARI. La decrescita infelice. Sardi sempre più al verde e a rischio povertà. Dal 2006 al 2017 è diminuito il pil procapite, e sono aumentati i cittadini a rischio povertà.
Un sardo su tre cammina sulla sottile linea che separa l’indigenza dall’autosufficienza economica. Un dato in crescita. Se nel 2006 la percentuale era del 30,3 ora siamo al 36,6. Una crescita di 6,3 punti percentuali che mette la Sardegna al 15esimo posto nazionale. La media italiana è del 28,7 e peggio fanno solo Basilicata, Calabria, Campania, Puglia e Sicilia.
Profondo rosso. Lo studio della Cgia di Mestre compara i principali indicatori economici e prende come riferimenti il 2007, ultimo anno prima della crisi, e il 2015. La Sardegna sembra uscita da uno tsunami che ne ha squassato la già fragile economia. C’è da dire che gli ultimi dati dell’Istat, che riguardano il primo semestre 2017 sull’occupazione, sono positivi. Ma su una scala a lungo termine la Sardegna fa segnare ancora l’affanno.
Pil in picchiata. Il quadro di confronto è sempre 2007-2015. In Sardegna il Pil è calato del 2,3 per cento. Dai 20mila euro di media percepiti nel 2006 si è scesi a 19.555 nel 2015. La mdeia nazionale è di 27mila, e la Sardegna è 15esima nella classifica nazionale. Hanno un pil più basso Molise, Puglia, Sicilia, Campania e Calabria. Primo il Trentino con un inarrivabile pil pro capite di 37mila euro.
Disoccupazione. Anche il tasso di occupazione è negativo, la popolazione occupata è passata dal 52,8 per cento del 2007 al 50,3 per cento del 2015. La media nazionale è del 57,2 per cento. Il tasso di disoccupazione nell’isola è cresciuto di 7,4 punti percentuali. È passato dal dal 9,8 del 2006 al 17,3 del 2015. Peggio hanno fatto solo Puglia, Campania, Sicilia e Calabria.
In fondo al gruppo. C’è anche uno studio della Commissione europea (Anticorp)- che ha monitorato la qualità dei servizi pubblici ricevuti, l’imparzialità con la quale vengono assegnati e il livello di corruzione - tra le 206 regioni d’Europa prese in esame. Sette realtà territoriali del Mezzogiorno sono nelle ultime 30 posizioni: la Sardegna è al 178esimo posto, la Basilicata al 182esimo, la Sicilia al 185esimo, la Puglia al 188esimo, il Molise al 191esimo, la Calabria al 193esimo e la Campania al 202esimo posto. (l.roj)
Un sardo su tre cammina sulla sottile linea che separa l’indigenza dall’autosufficienza economica. Un dato in crescita. Se nel 2006 la percentuale era del 30,3 ora siamo al 36,6. Una crescita di 6,3 punti percentuali che mette la Sardegna al 15esimo posto nazionale. La media italiana è del 28,7 e peggio fanno solo Basilicata, Calabria, Campania, Puglia e Sicilia.
Profondo rosso. Lo studio della Cgia di Mestre compara i principali indicatori economici e prende come riferimenti il 2007, ultimo anno prima della crisi, e il 2015. La Sardegna sembra uscita da uno tsunami che ne ha squassato la già fragile economia. C’è da dire che gli ultimi dati dell’Istat, che riguardano il primo semestre 2017 sull’occupazione, sono positivi. Ma su una scala a lungo termine la Sardegna fa segnare ancora l’affanno.
Pil in picchiata. Il quadro di confronto è sempre 2007-2015. In Sardegna il Pil è calato del 2,3 per cento. Dai 20mila euro di media percepiti nel 2006 si è scesi a 19.555 nel 2015. La mdeia nazionale è di 27mila, e la Sardegna è 15esima nella classifica nazionale. Hanno un pil più basso Molise, Puglia, Sicilia, Campania e Calabria. Primo il Trentino con un inarrivabile pil pro capite di 37mila euro.
Disoccupazione. Anche il tasso di occupazione è negativo, la popolazione occupata è passata dal 52,8 per cento del 2007 al 50,3 per cento del 2015. La media nazionale è del 57,2 per cento. Il tasso di disoccupazione nell’isola è cresciuto di 7,4 punti percentuali. È passato dal dal 9,8 del 2006 al 17,3 del 2015. Peggio hanno fatto solo Puglia, Campania, Sicilia e Calabria.
In fondo al gruppo. C’è anche uno studio della Commissione europea (Anticorp)- che ha monitorato la qualità dei servizi pubblici ricevuti, l’imparzialità con la quale vengono assegnati e il livello di corruzione - tra le 206 regioni d’Europa prese in esame. Sette realtà territoriali del Mezzogiorno sono nelle ultime 30 posizioni: la Sardegna è al 178esimo posto, la Basilicata al 182esimo, la Sicilia al 185esimo, la Puglia al 188esimo, il Molise al 191esimo, la Calabria al 193esimo e la Campania al 202esimo posto. (l.roj)