La Nuova Sardegna

Scuole di specializzazione, no alla chiusura

Si moltiplicano gli appelli, Cucca (Pd): «La formazione medica deve essere salvaguardata»

30 agosto 2017
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SASSARI. Compatti nel difendere le 6 scuole di specializzazione medica che rischiano la chiusura. A dire che non sono all’altezza e non garantiscono – per il mancato rispetto di alcuni parametri – adeguata preparazione ai corsisti è stato l’Osservatorio nazionale della formazione medico-specialistica che ha per questo suggerito al Ministero della Salute di sospendere gli accreditamenti. Il verdetto ancora non c’è stato, si sa che le valutazioni finali spetteranno all’Agenas. Nel frattempo nell’isola c’è un certo fermento, negli ambienti universitari come in quelli della politica. Dopo l’interrogazione di 11 consiglieri del Pd, primo firmatario Roberto Deriu, al governatore Pigliaru, gli appelli di Lai (Pd), Capelli (Cd) e Uras (Campo progressista) interviene nella vicenda anche il segretario regionale del Pd Giuseppe Luigi Cucca: «La possibile chiusura delle 6 scuole di specializzazione medica è un fatto da scongiurare per preservare il livello di formazione in ambito medico che nella nostra regione resta comunque alto. Il Pd si impegna a interloquire con il Governo per rideterminare la valutazione degli standard formativi delle nostre scuole e darà pieno sostegno alle Università di Cagliari e di Sassari nella battaglia». I rettori Massimo Carpinelli (Sassari) e Maria Del Zompo (Cagliari) hanno chiesto una proroga per adeguare le scuole di specializzazione ai nuovi criteri. A Sassari sarebbero a rischio neurochirurgia, neurologia e anatomia patologica. A Cagliari Chirurgia generale, medicina dello sport e nefrologia. A destare preoccupazione è il futuro: la sensazione è che si vada verso un graduale accorpamento con la creazione di scuole di specializzazione più grandi a servizio di un territorio più vasto. Uno scenario ben visto dal rettore Carpinelli «perché consentirebbe di elevare gli standard. Ma prima è necessario dare gambe ad accordi tra atenei e strutture ospedaliere, un coordinamento che per ora non c’è».

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