La Nuova Sardegna

Fondi ai gruppi, Sergio Obinu restituisce 250mila euro e patteggia due anni

Sergio Obinu
Sergio Obinu

Il 13 febbraio il giudizio abbreviato per l’ex assessore regionale Sergio Milia. Ci sarà anche la discussione per altri 12 consiglieri imputati di peculato continuato

20 dicembre 2017
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CAGLIARI. L’ex consigliere regionale dell’Udc Sergio Obinu ha restituito i 250 mila euro che la Procura gli contesta come spese illecite dirette su un totale di 650 mila spese dal gruppo di cui era tesoriere ed ora potrà ricevere dal giudice Giovanni Massidda il via libera al patteggiamento della pena concordato con il pm Marco Cocco dai difensori Massimiliano Ravenna e Pierluigi Concas: due anni di reclusione con la condizionale per il reato di peculato continuato.

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All’udienza preliminare di ieri mattina è stata trattata anche la posizione di Sergio Milia, difeso da Luigi Concas e Nicola Satta, che ha scelto il giudizio abbreviato: l’ex assessore regionale ai beni culturali ha depositato una memoria e ha spiegato come sono stati spesi i 168 mila euro che pesano sul suo capo d’imputazione, di cui 37 mila restituiti al consiglio regionale. Milia, che è stato tesoriere dell’Udc tra il 2009 e gennaio 2010, ha parlato di attività del gruppo in tutta la Sardegna ma non è stato in grado di fornire un rendiconto dettagliato spesa per spesa perchè i consiglieri non lo informavano. A favore dell’ex consigliere sassarese ha parlato Roberto Capelli, imputato nello stesso procedimento ma ieri in veste di testimone assistito dall’avvocata Anna Maria Busia: il parlamentare, che ha giustificato spese per 129 mila euro e si è fatto interrogare tre volte dal pm Cocco, ha confermato la linea difensiva di Milia.

La prossima udienza, in programma il 13 febbraio, sarà quella della discussione in cui il pm Cocco dovrà concludere sulla posizione di Milia e sul rinvio a giudizio degli altri onorevoli ed ex onorevoli coinvolti in questa tranche del procedimento. Dopo il pm parleranno i difensori.

Le contestazioni contenute negli atti firmati dal pm Cocco sono speculari a quelle delle altre tranches d’inchiesta: peculato per l’uso improprio dei fondi pubblici destinati al funzionamento dei gruppi consiliari, spese per migliaia di euro non giustificate e denaro sparito in chissà quali tasche. Nell’avviso di chiusa indagine compaiono elenchi di assegni, col numero di conto e la banca di riferimento, prelievi allo sportello e accrediti che fanno invariabilmente riferimento ai consiglieri e non fanno parte delle sontuose indennità riservate agli onorevoli, una sorta di stipendio extra che veniva accreditato liberamente in quella sorta di zona franca fiscale che sembrava essere il palazzo di via Roma. Soldi in più che - stando ad accuse ormai confermate in sentenze della Cassazione, della Corte d’Appello e delle sezioni di tribunale cagliaritane - venivano spartiti fra i gruppi politici e poi fra la maggior parte dei singoli consiglieri regionali perché li spendessero a piacimento, senza neppure il disturbo di comunicare come e perché. Finora, nel corso dei processi, i difensori si sono appellati all’autonomia dell’assemblea pubblica e soprattutto a una vecchia delibera della presidenza in cui i criteri di rendicontazione delle spese risultano molto larghi, sostanzialmente inesistenti. Ma i tribunali giudicano soltanto in base alle leggi dello stato e al codice penale.

Ecco l’elenco degli imputati, con le cifre contestate dalla Procura: il tempiese Andrea Biancareddu (165.113 euro), l’oristanese Francesco Ignazio Cuccu (175265), i sassaresi Sergio Milia (168.552) e Salvatore Amadu (21.300), i cagliaritani padroni dell’Aias Vittorio Randazzo (30.302) e Alberto Randazzo (91.014), Sergio Marracini (26500), Antonio Cappai (36.766), Giorgio Oppi di Iglesias (112.950), Sergio Obinu di Sindia (655.258), il nuorese Roberto Capelli (129.500), Silvestro Ladu di Bitti (13.517), Pasquale Onida di Oristano (26.310) ed Eugenio Murgioni di Castiadas (43.000). (m.l)
 

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