La Nuova Sardegna

Marchi di qualità, al top Fiore sardo e Pecorino romano

di Claudio Zoccheddu
Marchi di qualità, al top Fiore sardo e Pecorino romano

La produzione dei formaggi vale 276 milioni di euro all’anno. A Sassari e Nuoro l’impatto economico più alto di Dop e Igp

07 gennaio 2018
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SASSARI. C’è un tesoro che ogni anno viene prodotto in tutta Italia. Il valore della produzione alimentare di qualità – misurato tenendo conto delle denominazioni di origine protette (Dop) e delle indicazioni geografiche protette (Igp) – è di 6 miliardi di euro. L’isola partecipa soprattutto con un prodotto che, nonostante il nome, è tipicamente sardo: il Pecorino romano. Le produzioni del formaggio valgono 275,7 milioni e occupano il 4,3 per cento dell’intero “Pil” agroalimentare nazionale garantendo al Pecorino romano il nono posto assoluto nella classifica delle eccellenze alimentari. Nel rapporto stilato dall’Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare, aggiornato al 31 dicembre del 2016, non figura l’altra eccellenza dell’isola, il fiore sardo. Il formaggio ovino è inquadrato nella parte di diagramma dedicata ai prodotti che occupano quote di mercato meno significative ma il peso specifico è comunque elevato.

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L’impatto economico. La produzione casearia è chiaramente il traino dell’agroalimentare sardo, e infatti proprio il pecorino romano e il fiore sardo hanno permesso alle province di Sassari e Nuoro di entrare nelle prime venti d’Italia, rispettivamente al sedicesimo e al diciassettesimo posto, con un impatto economico di 110,3 milioni di euro per quanto riguarda la provincia di Sassari e di 63 milioni di euro nella provincia di Nuoro. Un risultato che permette alla Sardegna di comandare il gruppetto delle regioni del centro-sud insieme alla Campania ma che non la avvicina nemmeno lontanamente ai risultati delle aree del nord che, grazie alle produzioni di Grana Padano, Parmigiano Reggiano, Prosciutto di Parma e San Daniele, gorgonzola, mortadella, bresaola e aceto balsamico sono in cima alla gigantesca piramide del cibo italiano tutelato dai marchi di qualità.

Le denominazioni. Le sigle le conoscono praticamente tutti. Dop e Igt sono garanzie che attraggono i consumatori ma il loro significato spesso si perde nella giungla degli acronimi che infesta la vita di tutti i giorni. Il marchio Dop identifica “un prodotto originario di un luogo, di una regione o di un paese, la cui qualità o le cui caratteristiche sono dovute essenzialmente o esclusivamente a un particolare ambiente geografico e ai suoi intrinseci fattori naturali e umani e le cui fasi di produzione si svolgono nella zona geografica delimitata”. Igp invece descrive “un prodotto originario di un determinato luogo, regione o paese, alla cui origine geografica sono essenzialmente attribuibili una data qualità, la reputazione o altre caratteristiche tra cui quelle di produzione che si svolge per almeno una delle sue fasi nella zona geografica delimitata”.

La qualità nell’isola. Sono undici le eccellenze sarde protette della garanzia dei marchi Dop, Igp e Docg. Oltre al pecorino romano e al fiore sardo ci sono i culurgionis dell’Ogliastra, i carciofi spinosi di Sardegna, l’agnello di Sardegna, il pecorino sardo, l’olio extravergine d’oliva, lo zafferano di Sardegna e i vini che tra Doc, Igt e Docg comprendono il Cariggnano, il Monica, il Cannonau, i Malvasia e il Vermentino di Gallura, l’unico con la denominazione di origine garantita confermata durante l’ultimo Vinitaly, la rassegna enologica più importante d’Italia dove è stato premiato come il miglior vino bianco su una rosa di 450 contendenti. Nell’elenco ci sarebbe spazio per almeno altri due prodotti, la bottarga di muggine, ma soprattutto il simbolo più conosciuto della cultura gastronomica isolana: il porcetto. Un iscrizione complicata dalla peste suina che affligge gli allevamenti dell’isola e che impedisce la concessione della denominazione di qualità.

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