La Nuova Sardegna

Migranti, accoglienza flop No di 80 Comuni su 100

di Silvia Sanna
Migranti, accoglienza flop No di 80 Comuni su 100

Nell’isola solo il 17,8% ospita profughi, 12 le adesioni ai bandi Sprar L’assessore Spanu: «Siamo indietro, ma le le richieste sono in aumento»

09 febbraio 2018
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SASSARI. L’isola dei migranti è una grande macchia bianca con poche aree colorate distribuite soprattutto nelle zone costiere. Lì si trovano i Cas, Centri di accoglienza straordinaria aperti dalle Prefetture: strutture temporanee, che dovrebbero accogliere i migranti per periodi mediamente brevi. Che in realtà, invece, faticano a svuotarsi. Il motivo principale sta nei numeri: i Cas in Sardegna sono 148, i Comuni che ospitano migranti sono meno di 70. E di questi, solo 12 hanno attivato progetti Sprar per la seconda accoglienza diffusa. La percentuale è questa: appena il 17,8% dei centri isolani accoglie immigrati provenienti dal Nord Africa. È il secondo dato peggiore in Italia, appena superiore solo a quello della Valle D’Aosta (17,6%), e molto lontano da quello nazionale: la percentuale di comuni accoglienti è passata dal 25,7% del 2016 al 41,2% del 2017. E a fronte dell’incremento medio dell’88,4%, la Sardegna – che pure ha fatto un importante balzo in avanti – si è fermata al 43,3%.

La distribuzione. A differenza di quanto accade in altre regioni – su tutte la Toscana e l’Emilia Romagna – nell’isola continuano a dominare le grandi concentrazioni di migranti nei Cas delle prefetture e arranca il progetto – sancito da un accordo Anci Governo – per un graduale svuotamento dei centri a favore di una distribuzione capillare nel territorio attraverso i bandi Sprar . Quel progetto è nato con due motivazioni, entrambe nobilissime: da ununa parte alleggerire i comuni nei cui territori si trovano i Centri di accoglienza straordinaria e allo stesso tempo favorire una reale integrazione dei migranti accogliendoli a piccoli gruppi, possibilmente nuclei familiari.

I numeri. Nei 148 Cas dell’isola – l’80% dei quali aperti in ex strutture alberghiere riconvertite all’accoglienza dei migranti – sono presenti (dato del 2 febbraio 2018) 4668 ospiti. Il numero è in costante diminuzione, a metà gennaio i migranti erano 4.445, circa 5mila alla fine del 2017. Al dato dei Cas si devono aggiungere i 277 migranti inseriti nei bandi Sprar per la seconda accoglienza con 12 Comuni coinvolti. Nel dettaglio: quattro centri in provincia di Sassari (Alghero, Bonorva, Porto Torres e Sassari), quattro in provincia di Cagliari (Capoterra, Quartu, Uta, Villasimius e Cagliari), poi Nuoro, Iglesias e San Gavino. Dei 12 progetti Sprar, soltanto uno è riservato ai minori non accompagnati (12 posti a Bonorva) tutti gli altri sono destinati ad adulti. Nell’elenco mancano alcuni progetti approvati ma non ancora partiti, come per esempio quello dell’Unione dei Comuni del Marghine, e tutti gli altri al momento in corso di valutazione da parte della commissione ministeriale.

Le previsioni. L’isola è indietro rispetto ai dati nazionali: un dato innegabile, secondo la Regione, che però esprime ottimismo. Dice Filippo Spanu, assessore agli Affari generali con delega sui migranti: «La Sardegna è partita in ritardo sugli Sprar rispetto ad altre regioni. Ma tra la primavera e l’estate 2017, grazie al grande impegno innanzitutto dell’Anci, c’è stato un impulso forte verso il sistema dell’accoglienza diffusa. Sono almeno 70 i Comuni o Unioni di Comuni che hanno presentato progetti, 2 sono già partiti, almeno altri 8 hanno ottenuto l’autorizzazione e a breve diventeranno operativi. Insomma – aggiunge l’assessore Spanu – l’impegno è massimo per cercare di recuperare il tempo perduto. La diffidenza era tanta, è stato necessario un importante lavoro di sensibilizzazione che ora inizia a dare i suoi frutti. L’attenzione è massima, la Regione cerca di favorire in tutti i modi l’inclusione, per esempio attraverso i progetti di volontariato e i lavori socialmente utili. È necessario creare il clima giusto per fare in modo che i migranti non siano visti come “ospiti” o peggio intrusi, ma come componenti della comunità».

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