La Nuova Sardegna

Allarme tumori al seno in Sardegna: «A rischio le Breast unit»

di Silvia Sanna
Allarme tumori al seno in Sardegna: «A rischio le Breast unit»

Polemica sulla nascita di una struttura complessa all’Oncologico di Cagliari 

25 marzo 2018
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CAGLIARI. La paura è che la nascita di un mega reparto abbia come conseguenza lo svilimento delle eccellenze e la creazione di “imbuti” davanti alle sale operatorie, con inevitabile allungamento dei tempi d’attesa. Non solo: lo scenario peggiore prefigura l’addio alla Breast unit, il centro di senologia disciplinare previsto dalla riforma della rete ospedaliera, il principale dei tre che dovranno aprire nell’isola (gli altri due a Sassari e Nuoro). Succede all’ospedale oncologico Businco di Cagliari, che fa parte dell’Azienda ospedaliera Brotzu e nel quale a luglio erano confluiti personale e pazienti in carico alla struttura semplice di Senologia soppressa al San Michele. E questo, dicono gli addetti ai lavori, avrebbe già provocato un notevole allungamento dei tempi d’attesa: 70 giorni per operare un tumore al seno, a fronte dei 30 stabiliti dall’Agenas, l’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali. La conseguenza inevitabile è che un numero sempre maggiore di donne decide di andare a curarsi altrove, fuori dalla Sardegna.

La delibera. Ora ad alimentare la polemica c’è una delibera datata 6 marzo e firmata dal direttore generale dell’Azienda ospedaliera Brotzu Graziella Pintus che ha fatto un avviso pubblico per individuare un direttore di struttura complessa di Chirurgia oncologica e senologia proprio all’ospedale Businco di Cagliari. Secondo Augusto Cherchi, consigliere regionale del Partito dei Sardi, primo firmatario di una interrogazione sottoscritta da tutti i componenti del gruppo Pds, questa delibera è in contrasto con quanto stabilito dalle direttive ministeriali e dalla riorganizzazione della sanità in Sardegna. La ragione è duplice. L’accorpamento, con l’unione della chirurgia oncologica generale alla senologia «comporterà – dice Cherchi – l’abnorme incremento della competenze di una struttura potenziando il rischio di creare un monstrum difficilmente gestibile». Non solo: oltre all’allungamento dei tempi d’attesa, secondo Cherchi l’accorpamento rischia di pregiudicare la nascita della Breat unit «che necessita oltre che di una équipe qualificata, anche della figura di un chirurgo senologo come coordinatore». La delibera della Pintus invece individua in un chirurgo di oncologia generale la figura del nuovo responsabile della struttura complessa.

I medici. La stessa preoccupazione che emerge dall’interrogazione è manifestata da Nicola Cillara, coordinatore regionale dell'Acoi, Associazione chirurghi ospedalieri italiani. «Il reparto di oncologia del Businco al quale è stata unita la struttura di Senologia del San Michele, ha tutte le caratteristiche per diventare una Breast unit, così come prevede la riforma sanitaria. Non solo per i numeri – oltre 700 casi trattati all’anno a fronte del minimo di 150 previsti – ma anche perché negli anni si è specializzato nel trattamento del carcinoma alla mammella diventando un riferimento regionale e la settima senologia in Italia. Ora il rischio è che un’eccellenza venga depotenziata. Il direttore generale cerca un responsabile che si occupi di chirurgia oncologica in generale: questo non rispetta le caratteristiche che deve avere una breast unit, a guidare la quale deve essere un chirurgo senologo. L’oncologico rischia di trasformarsi in qualcosa di cui non si sente la necessità a Cagliari e in generale in Sardegna. Un mega reparto nel quale non sappiamo che spazio sarà riservato alla senologia, che però pare di capire non sarà valorizzata come previsto. Impossibile – aggiunge Cillara – se la struttura deve occuparsi di molte altre chirurgie. Prevedibili gli imbuti in sala operatoria, le liste d’attesa. Un problema già evidente: la mobilità extra regionale è salita in due anni dall’11 al 15%». Solo una la strada possibile: «Revocare l’avviso e disporne un altro, con l’obiettivo di affidare la direzione della struttura a un chirurgo oncologico senologo. In questo modo la futura Breast unit non sarà a rischio».

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