La Nuova Sardegna

Padre Massimo, tra silenzio e social a cercare risposte

Serena Lullia
Padre Massimo, tra silenzio e social a cercare risposte

Lui e un confratello sono gli unici due abitanti del monastero alle porte di Olbia. Sveglia ogni giorno alle 5, preghiere e poi lavoro nel giardino e nell’edificio

26 marzo 2018
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OLBIA. L’abbraccio del silenzio avvolge chi oltrepassa il cancello del monastero benedettino. Lontano dalla città, un po’ più vicino a Dio, alla propria anima. Le ville delle vacanze di Porto Istana sono a una manciata di metri. Ma al Mater Dei l’orologio del tempo rallenta i suoi rintocchi. La città che frulla vite a ritmi tachicardici sembra lontana. Padre Massimo Terrazzoni, 47 anni, maddalenino, accoglie i visitatori. Occhi timidi e gentili che brillano dietro le lenti degli occhiali. Un sorriso dolce accompagna la voce leggera del suo benvenuto di pace. Ma nessuno pensi al giovane sacerdote come a un eremita chiuso nel suo silenzio. Monaco spigliato, severo ma aperto a capire i cambiamenti della società. Ascoltatore attento, osservatore curioso del mondo anche attraverso il suo profilo Facebook. Un pulpito virtuale da cui spingere a riflettere sulla grandezza di Dio. E perché no, arrivare ai giovani su cui padre Massimo ripone grande fiducia. «I ragazzi hanno buon fiuto. Se riusciamo a fargli intravedere la bellezza di Dio non potranno che restarne affascinati. Tutti hanno Dio scritto nel cuore».

La voce del silenzio. La storia del monastero di Olbia è legata alla storia personale di padre Massimo. Sacerdote a 24 anni, per sei vive a Tempio. Ma in lui cresce il bisogno di una vita più ritirata, dedicata alla preghiera. Una esistenza monastica. Nel 2001 entra nella Fraternità monastica di Gerusalemme che ha come carisma la vita religiosa in città. Vive per molti anni a Firenze, un anno e mezzo a Parigi. «Nel mio cuore sentivo il desiderio di una vita ancor più ritirata, più benedettina, non in città, più claustrale», racconta. Una esigenza che si incontra con la volontà del vescovo Sebastiano Sanguinetti di far nascere un monastero alle porte di Olbia. Nel 2015 apre il Mater Dei, monsignor Sanguinetti ne affida la guida a don Massimo. A Porto Istana con lui un altro monaco arrivato da Parigi.

Ora et labora. La sveglia al monastero suona alle 5. Alle 5,30 le prime preghiere, salmi e letture della Bibbia. Colazione e poi lodi al Signore. Un’ora di meditazione personale e alle 8,15 la messa. Alle 12,40 altro momento di preghiera. In una settimana, in base alla regola benedettina, si recitano 150 salmi. Poi pranzo e tempo del riposo. «Nel pomeriggio come anche al mattino ci dedichiamo al lavoro – racconta don Massimo – che consiste nei lavori manuali di sistemazione del giardino e nella ristrutturazione della casa. Io curo anche l’accoglienza delle persone». Alle 18 i Vespri, alle 19 la cena e alle 20,40 l’ultima preghiera.

La pace che cura le anime. Durante la settimana tante persone visitano il Mater dei. Il silenzio come cura dell’anima. «C’è chi resta alcuni giorni per passare un tempo di preghiera e riflessione – spiega il monaco –. Ciò che la gente cerca nei monasteri è il silenzio. A qualcuno fa paura. Ma nel silenzio trovano un senso di pace e soprattutto l’incontro con Dio. Il monastero è un luogo di preghiera e contemplazione del Signore, ma è aperto alla comunità. Il monachesimo non si pone principalmente nella linea del fare ma dell’essere. Il ritiro dal mondo non è per condannare, ma per provocare una riflessione, un interrogativo e ricordare che la nostra meta è un’altra. Il nostro obiettivo è cercare di aiutare gli uomini nelle domande sul senso della vita». Padre Massimo cita poi una immagine della benedettina madre Canopi per spiegare il valore della preghiera dei monaci. Non ore di ozio, ma farmaci salva-anime. «Attraverso la preghiera e le lodi a Dio dai monasteri partono ogni giorno tante ambulanze che vanno in giro per il mondo per le persone che ne hanno bisogno».

Fb non è un demone. Il Mater dei è un monastero social. Padre Massimo ha un profilo Fb. Il suo approccio è prudente ma non di condanna. «Credo sia importante non demonizzare questi mezzi, né assolutizzarli. Ma abitarli a seconda della propria vocazione. Come monaco se le mie parole e le mie riflessioni su Fb possono aiutare a far conoscere di più la fede cristiana ben venga. L’importante è mantenere la nostra separazione, il primato della nostra vocazione».

L’amore è per sempre. Al passo con i tempi ma fermamente convinto che l’amore per sempre non sia un valore fuori moda. Nel matrimonio come nella vocazione religiosa. «È sempre più diffusa la paura del “tutto e per sempre” – dice –. Seguendo questo timore ci si preclude l’esperienza della libertà. Le persone così facendo temono di perdere sé stessi, sono un po’ egoiste. Ma per il Vangelo ci si conserva solo donandosi».

Tolleranza e radici. In una società sempre più multiculturale e multireligiosa è inevitabile la riflessione del monaco sulla tolleranza. Che per padre Massimo non significa rinunciare alle proprie radici, ai propri valori. «Se a un albero tagli le radici si secca. Dico no alle guerre di religione, ma se non sai da dove vieni non capirai dove devi andare. Credo che la discriminante tra tolleranza e intolleranza sia in un bell’episodio della vita di madre Teresa. Mentre curava un indù questi le disse che lo faceva perché lui si convertisse. Lei rispose: “Io ti voglio molto bene. Se nella vita ho trovato un tesoro che è Gesù vorrei condividerlo con te”. Non si tratta di imporre nulla. Ma se io voglio bene al mondo non posso non donargli Dio».

Gesù superstar. Che i giovani la domenica mattina riempiano i centri commerciali e non le chiese è una realtà ben nota anche a padre Massimo. Che però non soffre di ansia da evangelizzazione. Lui ha una doppia fiducia. Nei giovani e in Cristo, superstar che conquista platee da millenni. «I ragazzi hanno buon fiuto. Quando incontrano dei luoghi, delle realtà e delle comunità cristiane che sono non perfette, ma di spessore si interrogano. Il nostro compito come Chiesa è lasciar trasparire sempre di più Dio. Se facciamo così i giovani, ma in generale tutti, ne restano affascinati. Anche chi è contro, ce lo ha scritto nel cuore che è fatto per Dio».

Messaggio pasquale. Padre Massimo regala poi un messaggio speciale di pace a tutti i lettori della Nuova Sardegna. «La Pasqua è la festa della vita. Il trionfo dell’amore di Dio e la certezza che la vita dell’umanità non va verso la morte. L’augurio è che ognuno in questa Pasqua, al di là dei modi diversi in cui la festeggerà, possa scoprire un po’ di più la presenza di Gesù risorto nella sua esistenza. E sentire che su ogni sofferenza, su ogni morte, su ogni paura c’è la luce potente che è la resurrezione di Gesù».

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