La Nuova Sardegna

Per Sa die de sa Sardigna l’eucarestia sarà in limba

di Mario Girau
Per Sa die de sa Sardigna l’eucarestia sarà in limba

Dal Vaticano via libera all’esperimento liturgico per i 70 anni dello Statuto. La cerimonia nella cattedrale di Cagliari sarà celebrata da monsignor Becciu

16 aprile 2018
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CAGLIARI. Leade e mandigàdende totus: custu est su corpus meu chi at a esser intregadu pro bois. Sabato 28 aprile, queste parole in lingua sarda logudorese risuoneranno, per la prima volta in una chiesa, durante la consacrazione, il momento più solenne della liturgia eucaristica. Sostituiranno la formula ufficiale: «Prendete, e mangiatene tutti: questo è il mio Corpo offerto in sacrificio per voi». Per la rivoluzionaria novità liturgica è stata scelta Sa Die de sa Sardigna, che quest’anno, settantesimo di entrata in vigore dello Statuto speciale, la Regione vuole celebrare in modo particolarmente solenne. Anche la Chiesa sarda farà la sua parte: nella cattedrale di Cagliari, dove si riunivano gli Stamenti, il Sostituto della Segreteria di Stato, l’arcivescovo pattadese Angelo Becciu, officerà sa Missa pro sa sociedadi civili davanti alle massime autorità regionali. Interamente in limba o solo parzialmente, nelle parti non canoniche? Tutti sperano che, almeno ad experimentum, anche liturgia della Parola, prefazio e orazione per l’Eucarestia, Credo, Gloria e oremus - sorvegliati speciali dalle Congregazioni vaticane che non ammettono celebrazioni “fai da te” - siano letti, proclamati e cantati in lingua sarda.

Gli esperti al lavoro. Un gruppo di lavoro, guidato da don Antonio Pinna, docente di Sacra Scrittura ed esperto di greco ed ebraico antichi, ha predisposto due versioni: in campidanese e in logudorese. Toccherà a monsignor Becciu decidere la variante del sardo con cui officiare la liturgia di Sa die de sa Sardigna. Ai vescovi isolani, invece, stabilire se fermarsi, anche il 28 aprile, a su connottu delle messe – già autorizzate sempre ad experimentum - con limba limitata ai riti d’introduzione, atu de penitèntzia, Salmu a torrada (salmo responsoriale), omelia e canti oppure tentare una tantum la strada della celebrazione interamente in sardo. I presuli decideranno domani, a Oristano, durante i lavori della Conferenza episcopale sarda, al più tardi giovedì quando si incontreranno con monsignor Angelo Becciu nel seminario regionale di Cagliari.

Accelerazione. Da circa un anno, grazie all’azione di un gruppo di intellettuali, alcuni dei quali fanno capo alla Fondazione Sardinia coordinata da Salvatore Cubeddu, il problema della messa in limba, a lungo dimenticato, ha avuto un’accelerazione notevole. Il 4 aprile 2017 i vescovi hanno chiesto ai linguisti la traduzione in sardo dell’Ordinario della Santa Messa e di una decina di Messe proprie, relativamente ai tempi liturgici, alle solennità del Signore e alla memoria dei santi. Questo “mini lezionario” dovrà essere esaminato dai vescovi per fare un primo confronto tra messale latino (che è quello ufficiale) e messale sardo: devono coincidere. Solamente quando su questa coincidenza ci sarà il responso unanime dei vescovi sardi – ai quali con il Motu proprio Magnum Principium sulla traduzione in lingua volgare dei testi liturgici il Papa dal 1 ottobre scorso ha attribuito la responsabilità dell’imprimatur – il Vaticano darà il via libera alla Messa in limba.

Il problema traduzioni. Il vero problema, a questo punto, è che i linguisti mettano a punto una traduzione teologicamente convincente per i vescovi, che, tutti sardi tranne monsignor Arrigo Miglio, di ogni parola campidanese e logudorese conoscono echi, risonanze, significati e sfumature. «Se si commette un errore in questa fase – fanno sapere i presuli isolani – la messa in sardo slitterà per chissà quanto tempo. Abbiamo individuato una strada, percorriamola per intero, senza rallentamenti, ma anche senza correre troppo». Mannu est su misteriu de sa fidi nosta.



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