La Nuova Sardegna

Pd, Soru contro le correnti Cucca: sono solo parole

di Alessandro Pirina
Pd, Soru contro le correnti Cucca: sono solo parole

Il segretario: io avrei voluto una gestione unitaria e coesa ma mi è stato impedito L’ex senatore Lai: il solo modo per superare le fazioni è il partito autonomo sardo

28 aprile 2018
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SASSARI. Il Pd sardo prova a ripartire dopo la batosta del 4 marzo. Un riavvio finora con il freno mano a tirato, se non fosse per le parole di Renato Soru, che in una intervista alla Nuova, ha provato a delineare la road map dei dem sia a livello regionale che nazionale. Da un lato, un invito al Pd sardo a superare le correnti che dal 2007 lacerano il partito, e di cui lui è da sempre uno degli indiscussi leader. Dall’altro, un plauso al reggente Maurizio Martina sulla apertura di credito al Movimento 5 stelle. Per l’eurodeputato, già governatore e segretario regionale del partito, questi sono i punti da cui il Pd deve provare a risollevarsi. «Mi sembra la scoperta dell’acqua calda – lo liquida il segretario Giuseppe Luigi Cucca, senatore renziano –. Fin da quando mi sono insediato ho cercato di portare avanti una gestione unitaria e coesa, ma mi è stato impedito. Fare affermazioni di principio non è sufficiente, deve dire come vuole fare. Quello che si dice non basta annunciarlo, va anche praticato». Sulla stessa falsariga il deputato Gavino Manca, anche lui renzianissimo. «D’accordo sul superamento delle correnti, il 4 maggio abbiamo convocato l’assemblea proprio per riaprire il dialogo con tutti. Non come è stato fatto il 22 con l’assemblea convocata solo da una parte (l’area Soru, ndr). Il Pd ha bisogno di una analisi seria e profonda che non è mai stata fatta in questi 10 anni, da quando abbiamo perso contro Cappellacci». Anche l’ex senatore Silvio Lai, tra i leader dell’area Cabras Fadda, che definisce «inaccettabile l’attacco di Soru a un partito di maggioranza qual è il Pds di Paolo Maninchedda», mostra più di una perplessità di fronte alle parole dell’ex governatore. «Mi fa un po’ sorridere che una persona di esperienza come Renato, da sempre figura importante delle correnti, possa chiedere il superamento con un appello. Sinceramente io credo che l’unico modo per andare oltre le correnti nazionali sia la nascita di un Partito democratico sardo. Un partito veramente autonomo da Roma, che non possa essere commissariato come è già accaduto due volte al Pd sardo». Lo stop alle correnti è auspicato anche da Emiliano Deiana, presidente dell’Anci, tra i pochi sindaci dem rimasti nell’isola. Deiana lamenta un Pd fermo da 11 anni al dualismo Soru-Cabras, l’ex governatore non ci sta. «Il mio è un dato di fatto, non un’opinione – ribadisce il sindaco di Bortigiadas –. Non ho nessuna intenzione di fare polemiche, ma sinceramente non capisco come un giovane di 20 anni possa avvicinarsi a un partito falcidiato da queste lotte».

Le parole di Soru sulla apertura al dialogo con il Movimento 5 stelle trovano più consensi tra i dem, ma, anche in questo caso, la bocciatura dei renziani. «L’interesse del Paese sopra tutto e tutti ma ci devono essere i presupposti – dice Cucca –. In questo momento non ci sono, il Pd non si può ridurre a fare da stampella ai 5 stelle». «Soru dice che i cittadini ci hanno votato per governare e non per fare opposizione – aggiunge Manca –. Ma hanno votato un programma definito che non è quello dei 5 stelle. Mi sembra troppo semplice chiamare alla responsabilità il Pd mentre i partiti che hanno vinto le elezioni si mettono veti reciproci. Destra e 5 stelle hanno programmi simili, governino loro». Lai, invece, condivide l’apertura di Martina. «È difficile dire no a prescindere di fronte alla richiesta di Mattarella. Va fatto ogni sforzo per capire se ci sono le condizioni per dare vita a un governo. Si può dire no solo dopo che ci si confronta sui programmi. Non possiamo fare come fecero i 5 stelle con Bersani. Ovviamente però l’eventuale intesa dovrà essere sottoposta a referendum tra gli iscritti. La direzione non basta». Il metodo tedesco scelto dalla Spd piace anche a Deiana. «Giusto vedere le carte e imporre dei temi. Se sono condivisi vanno poi portati alla attenzione degli iscritti e se saranno positivi voteranno sì all’accordo. A mio avviso, però, Di Maio non potrà essere premier di questo eventuale governo: il suo non è un nome di garanzia per tutti».

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