La Nuova Sardegna

Deposito scorie nucleari Spano: «Mai nell’isola»

di Silvia Sanna
Deposito scorie nucleari Spano: «Mai nell’isola»

L’assessore regionale all’Ambiente: i sardi hanno detto no con il referendum In arrivo la carta delle aree idonee: noi abbiamo già il peso delle servitù militari

11 maggio 2018
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SASSARI. Per ora della mappa non c’è traccia: ma l’elenco dei siti idonei a ospitare il deposito nazionale delle scorie nucleari esiste. E il ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda, due giorni fa, ha twittato di essere pronto a diffonderlo «perché gli italiani è giusto che la conoscano». Ancora non è successo, probabilmente perché non c’è l’intesa sulla decisione con il ministro dell’Ambiente Gianluca Galletti: più prudente di Calenda, ritiene che gestire la partita del nucleare – cioè la fase successiva alla diffusione della carta, la cosiddetta Cnapi – spetti al prossimo Governo. E così la pensa anche la Sogin, la società pubblica che l’ha messa a punto. Nell’attesa, la Sardegna ribadisce che le sue porte sono chiuse, sbarrate. La possibile imminente pubblicazione della Cnapi diventa l’occasione per ribadire, per l’ennesima volta, il no al nucleare nell’isola. A farlo è l’assessore regionale all’Ambiente Donatella Spano, portavoce del sentimento comune all’interno della giunta Pigliaru «che rispecchia quello dei sardi, che la loro contrarietà al nucleare l’hanno già manifestata in modo chiarissimo».

Assessore Spano, è preoccupata?

«Non sono preoccupata, ma è giusto riaffermare con decisione il no al nucleare. Sull’argomento l’attenzione è massima e la giunta ha preso un impegno preciso nei confronti dei cittadini».

Come e quando è nato il no al nucleare nell’isola?

«Il punto di partenza è stato l’esito del referendum consultivo regionale del 15-16 maggio 2011: in quell’occasione il 95% dei sardi si espresse contro l’installazione nell’isola di centrali nucleari e di siti per lo stoccaggio di scorie. Fu un plebiscito, la nostra azione politica è stata conseguente».

Quale è stato il passo successivo?

«L’approvazione in consiglio regionale della mozione 133/2015 con la quale ci siamo impegnati a fare rispettare, attraverso un leale confronto con il Governo, la scelta dei cittadini, evitando che la Sardegna venga individuata come sede idonea a ospitare il deposito nazionale. Naturalmente la nostra posizione è motivata in maniera articolata».

Perché la Sardegna non deve ospitare il deposito nucleare?

«Ci sono diverse motivazioni che ho fatto presenti in più occasioni al ministero dell’Ambiente e dello Sviluppo economico. Ma sono tre quelle principali».

Iniziamo dalla prima.

«I sardi, la Sardegna, hanno già dato. Da anni l’isola subisce una pesante penalizzazione a causa delle servitù militari: oltre 35mila gli ettari di territorio preclusi, con conseguenti compromissioni dal punto di vista ambientale».

C’è poi la questione insularità...

«Questa è la seconda motivazione. La popolazione subisce in condizioni ordinarie una forte penalizzazione per le difficoltà dei trasporti. Immaginiamo che cosa potrebbe succedere in potenziali situazioni di emergenza, se dovesse verificarsi un incidente nel trasporto di materiali radioattivi: le conseguenze potrebbero essere catastrofiche».

La terza motivazione?

«È legata alla crisi del comparto industriale in Sardegna. Un deposito di scorie nucleari terrebbe alla larga possibili investitori. E sarebbe anche un pessimo biglietto da visita in una terra che punta alla valorizzazione turistica, alla salvaguardia dell’ambiente, del patrimonio ambientale».

Che farà se nella carta dei siti idonei ci sarà anche la Sardegna?

«Ribadirò il no della giunta, di tutta l’isola, ancora con più forza. La Sardegna non aprirà mai le sue porte al nucleare».

La decisione finale arriverà non prima di due anni. E la giunta regionale potrebbe avere un colore diverso. Che cosa si augura?

«Spero che chiunque governerà la nostra regione abbia la volontà e la forza di rispettare il mandato popolare espresso con il referendum».



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