La Nuova Sardegna

Potabilizzatori in tilt, Abbanoa sotto attacco

di Luigi Soriga
Potabilizzatori in tilt, Abbanoa sotto attacco

A Sassari stop al consumo 226 giorni in un anno. Il giudice: niente manutenzioni

19 maggio 2018
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SASSARI. Uno dei capitoli chiave del ciclo dell’acqua è senz’altro quello della potabilizzazione. E il caso Sassari è emblematico per capire cosa possa accadere quando gli ingranaggi di una “fabbrica dell’acqua” si inceppano. Gli utenti e lo stesso sindaco Sanna ricordano con terrore il 2015: 36 ordinanze di divieto per il consumo domestico, il centro storico che ha avuto i rubinetti off-limits per 226 giorni su 365, mentre il più popoloso Latte Dolce con 206 giorni e Porcellana con 175. Significa che il 60 per cento dei residenti per metà dell’anno è rimasto all’asciutto. L’anno successivo, il 2016, la situazione migliora, e le ordinanze si riducono a una ventina. Ma a maggio, dopo l’ennesimo sforamento dei parametri di potabilità e dopo gli intoppi al potabilizzatore di Truncu Reale, Nicola Sanna presenta un esposto in Procura e denuncia Abbanoa per interruzione di pubblico servizio. È forse un caso limite di cattiva gestione degli impianti, ma Monte Lerno (Pattada), l’Agnata (Tempio), o Preda Maiore (Olbia), giusto per fermarsi al nord Sardegna, non navigano in acque migliori.

I problemi. Ma quali sono le ragioni di un disagio così duraturo e spalmato su una fetta così larga di utenti? Possibile che per due anni l’acqua abbia sgorgato dai rubinetti con le gradazioni cromatiche più improbabili, sino al famigerato Tantum Rosa, senza che venisse messa in campo una soluzione? Perché l’acqua immessa in rete, continua ad essere “corrosiva” per le condotte? E perché porzioni di rete sostituite da 10 anni, che dovrebbero durare come minimo altri 30, sono già in parte compromesse? Molti di questi problemi nascono a monte, proprio nelle fabbriche dell’acqua e nelle tubature vecchie di mezzo secolo. E per capire le situazioni di sfascio nelle quali versavano i potabilizzatori, è illuminante un recente dispositivo del giudice del Lavoro.

Il caso in tribunale. Le inefficienze di Truncu Reale, in particolare nel 2015 e nel 2016, erano assodate. Abbanoa però punta il dito contro il responsabile tecnico della gestione degli impianti, e lo licenzia per giusta causa. In sintesi, se le cose a Truncu Reale non andavano, è perché chi doveva monitorare il ciclo di potabilizzazione, non svolgeva correttamente le proprie mansioni. Abbanoa sotto accusa. Il giudice invece in primo grado accoglie il ricorso del lavoratore, addebita le disfunzioni di Truncu Reale ai mancati interventi da parte dei vertici di Abbanoa, consapevoli dei guasti, e dispone il reintegro del dirigente. La cosa interessante però, a prescindere dall’esito della causa di lavoro, e dalle eventuali colpe e responsabilità, è il quadro di inefficienza delineato nero su bianco dal magistrato: Truncu Reale per due anni non era nelle condizioni materiali di funzionare a regime. E per di più, visto che deve trattare acqua grezza da invaso artificiale (torbida e di qualità pessima), è come un vecchio motore (del 1978) costretto a girare h24 e sempre a pieno regime. Le manutenzioni straordinarie erano la base per una prestazione accettabile, e invece vengono ritardate i nonostante le emergenze. Nel frattempo i chiariflocculatori 2 e 3 facevano le bizze, e i fanghi si accumulavano sul fondo e in superficie, addirittura tracimando. Le vasche non venivano pulite, anche perché il nuovo chiariflocculatore numero 4, non era affidabile e si rischiava lo stop dell’intero impianto. Tre filtri erano privi di sabbia, e dunque non trattenevano le particelle residue. Poi intoppi vari ai flottatori e alle nanopresse, e infine, il problema più rilevante, non funzionavano i misuratori di portata che indicano la quantità di acqua in ingresso e permettono il dosaggio preciso dei reagenti.

La replica. Dice il direttore generale di Abbanoa Sandro Murtas: «Attenzione: c’erano una serie di intoppi nell’impianto, ma l’acqua immessa in rete era comunque a norma. Altrimenti l’Asl, che controlla le nostre misurazioni all’uscita di Truncu Reale, avrebbe rilevato la non potabilità. L’acqua diventava colorata e fuori norma durante il transito nelle condotte degradate».

Acqua corrosiva. E qui c’è un secondo tema, sul quale indaga anche la Procura e sul quale il consigliere regionale Marco Tedde, Fi, ha depositato una interrogazione in Regione. L’aggressività dell’acqua in uscita dal potabilizzatore. Significa che ha un potere corrosivo nei confronti dello strato protettivo delle tubature. Quel colore rosa è dovuto ai rilasci della patina dei tubi, causati dall’acqua aggressiva ma anche dagli scossoni degli sbalzi di pressione.

Egas vs Abbanoa. È stato l’Egas a commissionare nel 2016 uno studio all’Università di Cagliari, e il dipartimento di Scienze Ambientali ha certificato un’acqua moderatamente aggressiva negli impianti del nord Sardegna. E qui il braccio di ferro tra ente di controllo, cioè l’Egas e Abbanoa. Il primo chiede che vengano rispettati i decreti legislativi ministeriali del 2001, e che si faccia in modo che l’acqua non sia più aggressiva. In ballo c’è la conservazione e durata delle condotte. Ma non solo. Alcuni tratti della rete idrica infatti sono in cemento amianto, e non si conoscono gli effetti potenziali di un dissolvimento delle fibre sulla salute. Su questo aspetto indaga anche la Procura. Abbanoa invece grida “alla bufala”: «Il trattamento sull’aggressività dell’acqua comprometterebbe la potabilità – spiega Murtas – l’acqua aggressiva di per sè è potabile, e non lo sarebbe più se si intervenisse sui parametri del ph. Sarebbe solo un assist per le case produttrici di reagenti, soldi pubblici buttati per una cosa che non serve. Su questo tema sono disposto a confrontarmi faccia a faccia con chiunque. Lancio la sfida». (continua)

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