La Nuova Sardegna

Mont’e Prama, contrordine non più giganti: sono eroi

di Claudio Zoccheddu
Mont’e Prama, contrordine non più giganti: sono eroi

La comunicazione istituzionale ha scelto la definizione usata dagli archeologi. Mentre scoppia il nuovo caso: il sito del Sinis è chiuso e ricoperto da erbacce

08 giugno 2018
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SASSARI. «La parola d’ordine è “immagine coordinata”. Saranno valorizzate così le statue dei giganti di Mont’e Prama». Erano state queste le parole utilizzate dalla Regione per annunciare i primi passi del “Piano di comunicazione per la valorizzazione del complesso scultoreo” che aveva due milioni di euro nel portafoglio e una serie di obiettivi che comprendevano, tra le altre cose, la valorizzazione del patrimonio archeologico attraverso il web. Da allora è passato poco più di un anno e ancora si parlava liberamente di “Giganti di Mont’e Prama”, anche a livello istituzionale. Oggi, invece, dei giganti si sono perse praticamente tutte le tracce. Sul nuovo sito internet monteprama.it sono comparsi gli eroi, un nome più vicino al pensiero della comunità scientifica ma molto lontano dall’immaginario collettivo e da quello dei pionieri del marketing culturale che iniziavano a muovere i primi passi all’ombra delle statue di arenaria scoperte nel Sinis.

La polemica. Il cambio della denominazione ufficiale, se di cambio si può parlare, ha scatenato una valanga di polemiche sui social network, l’ambiente più fertile per le crociate del nuovo millennio. Chi ha puntato sul marchio dei giganti – nell’elenco c’è anche la Dinamo Banco di Sardegna che ha girato l’Italia con la faccia di pietra di un gigante del Sinis stampata sulla canotta – si è trovato spiazzato dalla rettifica nella comunicazione istituzionale. Anche chi crede che il nome della tradizione sia stato usurpato dalla nuova parola ha iniziato a costruire barricate virtuali sostenendo la notizia che rimbalzava su Facebook. E la spiegazione scientifica della scelta non è servita praticamente a nulla, oppure è passata del tutto inosservata. Perché, in fondo, chi ha seguito gli scavi e i lavori sul posto ha sempre sentito gli archeologi parlare di eroi. Anche se poi, per tutti i non addetti ai lavori, erano giganti. E sembrava che si potesse continuare così, senza troppi problemi. Invece è germogliato l’ennesimo casus belli nonostante ci siano tanti altri problemi.

La soprintendenza. Nel calderone del web è finito anche il direttore della soprintendenza archeologica di Sassari e Nuoro che, riperso durante una conferenza, ha parlato senza troppi fronzoli del nome giusto e della necessità di cancellare quello sbagliato: «Spero che il sindaco di Cabras si vergogni e convinca tutti a levare il nome di “giganti” a delle statue che invece rappresentano persone vere. Le chiamano giganti perché sono più grandi. e allora avrebbero dovuto chiamare giganti anche i bronzi di Riace – spiega Francesco Di Gennaro –. Le statue di Mont’e Prama tutto sono fuorché giganti. Per di più in una terra come la Sardegna dove si è alimentata nella popolazione e nella lingua una terminologia specifica molto bella che ci parla delle domus de janas e delle tombe dei giganti. Perché i giganti, nell’immaginario collettivo della Sardegna, già ci sono e non dobbiamo andare a rovinare questa percezione molto bella e diffusa che parla di case delle fate e tombe dei giganti con Mont’e Prama perché quelli non sono giganti». Un ragionamento che ha generato pochi proseliti e tanto umorismo da parte di chi non ha capito come sia stato possibile bocciare i giganti del Sinis perché non reali e, praticamente nella stessa frase, promuovere la case delle fate di Bonorva. Anche l’origine popolare della denominazione dovrebbe godere delle stesse attenuanti. Spigolature, insomma, che però riscaldano gli animi e il dibattito.

Lo stato attuale. E chissà cosa asrebbe se le energie che gravitano attorno agli scavi di Mont’e Prama fossero state utilizzate sin dai primi momenti per allestire un piano di sviluppo del sito. Perché tra le potenzialità dei “giganti”, o degli “eroi”, c’è anche un ritorno economico fondamentale. Allo stato attuale qualcosa si è mosso, difficile negarlo, ma quello che potrebbe essere generato dall’esposizione del primo complesso scultoreo a tutto tondo del Mediterraneo è un’altra cosa. E invece, mentre si discute il nome giusto, gli scavi sono fermi e il sito è chiuso, praticamente abbandonato e infestato dalle erbacce. Ma anche il polo museale, diviso tra Cabras e Cagliari, non ha generato i numeri di cui era accreditato. Quello di Cabras è il museo più visitato della Sardegna e molti si fermano al primato prestigioso. Tuttavia i 114mila biglietti staccati nel 2017 comprendono anche l’area archeologica di Tharros che, prima della crisi e quando i giganti-eroi del Sinis dovevano ancora essere ristrutturati, era comunque uno dei siti più visitati dell’isola. Ma soprattutto, per misurare il polso della situazione, è necessario ricordare che le classifiche ministeriali da cui arrivano questi dati non tengono conto dei musei comunali e di quelli privati. Se lo facessero, il primo della Sardegna sarebbe il “Museo dell’Intreccio Mediterraneo di Castelsardo”, che nel 2017 ha avuto 143mila visitatori. La sensazione, insomma, è che si possa migliorare.

Che si tratti di “giganti” o di “eroi”, poi, sembra davvero il problema minore. Certo, dare un nome alle cose è fondamentale per la scienza e anche per il marketing ma allo stato attuale si è costretti a presentare un campo inaccessibile e ricoperto di erbacce come la casa degli eroi, o dei giganti. Una fine poco dignitosa anche per la dimora dell’ultimo degli sconosciuti, figuriamoci per un eroe.

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